domenica 30 settembre 2007

L'Angelus del Papa

ANGELUS
30.09.2007
Cari fratelli e sorelle!
Oggi il Vangelo di Luca presenta la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31). Il ricco impersona l’uso iniquo delle ricchezze da parte di chi le adopera per un lusso sfrenato ed egoistico, pensando solamente a soddisfare se stesso, senza curarsi affatto del mendicante che sta alla sua porta. Il povero, al contrario, rappresenta la persona di cui soltanto Dio si prende cura: a differenza del ricco, egli ha un nome, Lazzaro, abbreviazione di Eleazaro, che significa appunto "Dio lo aiuta". Chi è dimenticato da tutti, Dio non lo dimentica; chi non vale nulla agli occhi degli uomini, è prezioso a quelli del Signore. Il racconto mostra come l’iniquità terrena venga ribaltata dalla giustizia divina: dopo la morte, Lazzaro è accolto "nel seno di Abramo", cioè nella beatitudine eterna; mentre il ricco finisce "all’inferno tra i tormenti". Si tratta di un nuovo stato di cose inappellabile e definitivo, per cui è durante la vita che bisogna ravvedersi, farlo dopo non serve a nulla.
Questa parabola si presta anche ad una lettura in chiave sociale. Rimane memorabile quella fornita proprio quarant’anni fa dal Papa Paolo VI nell’Enciclica Popolorum progressio. Parlando della lotta contro la fame, egli scrisse: "Si tratta di costruire un mondo in cui ogni uomo … possa vivere una vita pienamente umana … dove il povero Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco" (n. 47). A causare le numerose situazioni di miseria sono – ricorda l’Enciclica – da una parte "le servitù che vengono dagli uomini" e dall’altra "una natura non sufficientemente padroneggiata" (ibid.). Purtroppo certe popolazioni soffrono di entrambi questi fattori sommati. Come non pensare, in questo momento, specialmente ai Paesi dell’Africa subsahariana, colpiti nei giorni scorsi da gravi inondazioni? Ma non possiamo dimenticare tante altre situazioni di emergenza umanitaria in diverse regioni del pianeta, nelle quali i conflitti per il potere politico ed economico vengono ad aggravare realtà di disagio ambientale già pesanti. L’appello cui allora diede voce Paolo VI: "I popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza" (Populorum progressio, 3), conserva oggi tutta la sua urgenza. Non possiamo dire di non conoscere la via da percorrere: abbiamo la Legge e i Profeti, ci dice Gesù nel Vangelo. Chi non vuole ascoltarli, non cambierebbe nemmeno se qualcuno dai morti tornasse ad ammonirlo.
La Vergine Maria ci aiuti ad approfittare del tempo presente per ascoltare e mettere in pratica questa parola di Dio. Ci ottenga di diventare più attenti ai fratelli in necessità, per condividere con loro il tanto o il poco che abbiamo, e contribuire, incominciando da noi stessi, a diffondere la logica e lo stile dell’autentica solidarietà.
[01350-01.01] [Testo originale: Italiano]

DOPO L’ANGELUS
Seguo con grande trepidazione i gravissimi eventi di questi giorni in Myanmar e desidero esprimere la mia spirituale vicinanza a quella cara popolazione nel momento della dolorosa prova che sta attraversando. Mentre assicuro la mia solidale ed intensa preghiera e invito la Chiesa intera a fare altrettanto, auspico vivamente che venga trovata una soluzione pacifica, per il bene del Paese.
Raccomando alla vostra preghiera anche la situazione della Penisola coreana, dove alcuni importanti sviluppi nel dialogo fra le due Coree fanno sperare che gli sforzi di riconciliazione in atto possano consolidarsi a favore del popolo coreano e a beneficio della stabilità e della pace dell’intera regione.

C’est avec joie que je vous salue, chers pèlerins francophones venus pour la prière de l’Angélus, notamment le Séminaire français de Rome, qui achève sa retraite spirituelle. Que l’exhortation de l’Apôtre Paul dans la liturgie vous aide à vivre dans la foi et l’amour, dans la persévérance et la douceur; vous demeurerez ainsi plus proches du Christ et vous serez des témoins courageux de la Bonne Nouvelle. Avec ma Bénédiction apostolique.

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Angelus, including members of the Acton Institute, and administrators and benefactors of Seton Hall University. Today’s Gospel reading reminds us to be generous with the good things we receive in life. In this spirit, may your visit to Castel Gandolfo and Rome be a time filled with thanksgiving and renewed love of the universal Church. Upon you and your families, I invoke the joy and peace of Christ the Lord!

Ein frohes "Grüß Gott" sage ich gerne allen deutschsprachigen Gästen hier in Castelgandolfo. Heute morgen wurde in Neiße in der Diözese Oppeln die Dienerin Gottes Maria Louise Merkert seliggesprochen. Die selige Maria Louise ist Mitbegründerin der Schwestern von der heiligen Elisabeth und wurde schon zu ihren Lebzeiten als die „liebe Mutter aller", die „Mutter der Armen" und die „schlesische Samariterin" verehrt. Nehmen wir uns die Selige zum Vorbild, um gerade den Armen und Bedürftigen in unserer Nähe die Liebe Gottes zuzuwenden. Der Heilige Geist lenke unsere Worte und Werke! – Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag und eine gute Woche.

Saludo con afecto a los fieles de lengua española aquí presentes. Pidamos a la Virgen María que, guiados por el ejemplo y las enseñanzas de Cristo e impulsados por su amor, sepamos encontrar la fuente de la alegría y la paz en la entrega generosa y desinteresada a los demás, especialmente a los que sufren y pasan necesidad cerca de nosotros. ¡Feliz domingo!

Zo srdca pozdravujem pútnikov zo Slovenska, osobitne študentov Gymnázia svätého Cyrila a Metoda z Nitry. Bratia a sestry, zajtra začína mariánsky mesiac október. Pozývam vás do školy Panny z Nazareta. Od nej sa učte milovať Boha a blížnych. S láskou vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Slovacchia, particolarmente gli studenti del Ginnasio dei SS. Cirillo e Metodio da Nitra. Fratelli e sorelle, domani inizia il mese mariano di ottobre. Vi invito a mettervi alla scuola della Vergine di Nazaret per imparare da Lei ad amare Dio e il prossimo. Con affetto vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Dzisiaj w Nysie, w diecezji opolskiej, ma miejsce beatyfikacja Służebnicy Bożej Marii Luizy Merkert, ze Zgromadzenia Sióstr świętej Elżbiety. Odznaczała się ona wielką troską o chorych, ubogich i opuszczonych. Świadectwo życia Marii Luizy niech będzie dla nas zachętą, by w potrzebujących dostrzegać oblicze Chrystusa. Wszystkim serdecznie błogosławię.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Oggi a Nysa, nella diocesi di Opole, ha luogo la beatificazione della Serva di Dio Maria Luisa Merkert della Congregazione delle Suore di S. Elisabetta. Ella si distinse per la sollecitudine verso i malati, i poveri e gli abbandonati. La testimonianza della vita di Maria Luisa sia per noi un incoraggiamento per vedere nei bisognosi il volto di Cristo. Di cuore, impartisco a tutti la mia benedizione.]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli di Concesa, i giovani di Taverne d’Arbia, il Coro parrocchiale giovanile di Castello Tesino, l’Azione Cattolica Ragazzi di Castel Gandolfo, la Fraternità di Comunione e Liberazione di Roma e di Albano e l’UNITALSI di Treviso. Saluto inoltre i partecipanti al Congresso organizzato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il "Panathlon International" e il gruppo Pensionati di Arconate.
Un cordiale arrivederci rivolgo alla comunità di Castel Gandolfo: nei prossimi giorni, infatti, rientrerò in Vaticano. Rimaniamo vicini nella preghiera! Buona domenica a tutti.
[01351-XX.01] [Testo originale: Plurilingue]

Il Papa ordina sei vescovi"

CAPPELLA PAPALE PER L'ORDINAZIONE DI SEI VESCOVI
GALLERIA FOTOGRAFICA

















OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,
siamo raccolti intorno all’altare del Signore per una circostanza solenne e lieta ad un tempo: l’Ordinazione episcopale di sei nuovi Vescovi, chiamati a svolgere mansioni diverse a servizio dell’unica Chiesa di Cristo. Essi sono Mons. Mieczysław Mokrzycki, Mons. Francesco Brugnaro, Mons. Gianfranco Ravasi, Mons. Tommaso Caputo, Mons. Sergio Pagano, Mons. Vincenzo Di Mauro. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con un fraterno abbraccio. Un saluto particolare va a Mons. Mokrzycki che, insieme a all’attuale Cardinale Stanisław Dziwisz, per molti anni ha servito come segretario il Santo Padre Giovanni Paolo II e poi, dopo la mia elezione a Successore di Pietro, ha fatto anche a me da segretario con grande umiltà, competenza e dedizione. Con lui saluto l’amico di Papa Giovanni Paolo II, il Cardinale Marian Jaworski, a cui Mons. Mokrzycki recherà il proprio aiuto come Coadiutore. Saluto inoltre i Vescovi latini dell’Ucraina, che sono qui a Roma per la loro visita "ad limina Apostolorum". Il mio pensiero va anche ai Vescovi greco-cattolici, alcuni dei quali ho incontrato lunedì scorso, e la Chiesa ortodossa dell’Ucraina. A tutti auguro le benedizioni del Cielo per le loro fatiche miranti a mantenere operante nella loro Terra e a trasmettere alle future generazioni la forza risanatrice e corroborante del Vangelo di Cristo.Celebriamo questa Ordinazione episcopale nella festa dei tre Arcangeli che nella Scrittura sono menzionati per nome: Michele, Gabriele e Raffaele. Questo ci richiama alla mente che nell’antica Chiesa – già nell’Apocalisse – i Vescovi venivano qualificati "angeli" della loro Chiesa, esprimendo in questo modo un’intima corrispondenza tra il ministero del Vescovo e la missione dell’Angelo. A partire dal compito dell’Angelo si può comprendere il servizio del Vescovo. Ma che cosa è un Angelo? La Sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa ci lasciano scorgere due aspetti. Da una parte, l’Angelo è una creatura che sta davanti a Dio, orientata con l’intero suo essere verso Dio. Tutti e tre i nomi degli Arcangeli finiscono con la parola "El", che significa "Dio". Dio è iscritto nei loro nomi, nella loro natura. La loro vera natura è l’esistenza in vista di Lui e per Lui. Proprio così si spiega anche il secondo aspetto che caratterizza gli Angeli: essi sono messaggeri di Dio. Portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Dio, infatti, è più intimo a ciascuno di noi di quanto non lo siamo noi stessi. Gli Angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio. In questo senso anche noi esseri umani dovremmo sempre di nuovo diventare angeli gli uni per gli altri – angeli che ci distolgono da vie sbagliate e ci orientano sempre di nuovo verso Dio. Se la Chiesa antica chiama i Vescovi "angeli" della loro Chiesa, intende dire proprio questo: i Vescovi stessi devono essere uomini di Dio, devono vivere orientati verso Dio. "Multum orat pro populo" – "Prega molto per il popolo", dice il Breviario della Chiesa a proposito dei santi Vescovi. Il Vescovo deve essere un orante, uno che intercede per gli uomini presso Dio. Più lo fa, più comprende anche le persone che gli sono affidate e può diventare per loro un angelo – un messaggero di Dio, che le aiuta a trovare la loro vera natura, se stesse, e a vivere l’idea che Dio ha di loro.Tutto ciò diventa ancora più chiaro se ora guardiamo le figure dei tre Arcangeli la cui festa la Chiesa celebra oggi. C’è innanzitutto Michele. Lo incontriamo nella Sacra Scrittura soprattutto nel Libro di Daniele, nella Lettera dell’Apostolo san Giuda Taddeo e nell’Apocalisse. Di questo Arcangelo si rendono evidenti in questi testi due funzioni. Egli difende la causa dell’unicità di Dio contro la presunzione del drago, del "serpente antico", come dice Giovanni. È il continuo tentativo del serpente di far credere agli uomini che Dio deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di Lui. Ma il drago non accusa solo Dio. L’Apocalisse lo chiama anche "l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte" (12, 10). Chi accantona Dio, non rende grande l’uomo, ma gli toglie la sua dignità. Allora l’uomo diventa un prodotto mal riuscito dell’evoluzione. Chi accusa Dio, accusa anche l’uomo. La fede in Dio difende l’uomo in tutte le sue debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio risplende su ogni singolo. È compito del Vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro le negazioni e di difendere così la grandezza dell’uomo. E che cosa si potrebbe dire e pensare di più grande sull’uomo del fatto che Dio stesso si è fatto uomo? L’altra funzione di Michele, secondo la Scrittura, è quella di protettore del Popolo di Dio (cfr Dn 10, 21; 12, 1). Cari amici, siate veramente "angeli custodi" delle Chiese che vi saranno affidate! Aiutate il Popolo di Dio, che dovete precedere nel suo pellegrinaggio, a trovare la gioia nella fede e ad imparare il discernimento degli spiriti: ad accogliere il bene e rifiutare il male, a rimanere e diventare sempre di più, in virtù della speranza della fede, persone che amano in comunione col Dio-Amore.Incontriamo l’Arcangelo Gabriele soprattutto nel prezioso racconto dell’annuncio a Maria dell’incarnazione di Dio, come ce lo riferisce san Luca (1, 26 – 38). Gabriele è il messaggero dell’incarnazione di Dio. Egli bussa alla porta di Maria e, per suo tramite, Dio stesso chiede a Maria il suo "sì" alla proposta di diventare la Madre del Redentore: di dare la sua carne umana al Verbo eterno di Dio, al Figlio di Dio. Ripetutamente il Signore bussa alle porte del cuore umano. Nell’Apocalisse dice all’"angelo" della Chiesa di Laodicea e, attraverso di lui, agli uomini di tutti i tempi: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (3, 20). Il Signore sta alla porta – alla porta del mondo e alla porta di ogni singolo cuore. Egli bussa per essere fatto entrare: l’incarnazione di Dio, il suo farsi carne deve continuare sino alla fine dei tempi. Tutti devono essere riuniti in Cristo in un solo corpo: questo ci dicono i grandi inni su Cristo nella Lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi. Cristo bussa. Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete anche assumere la funzione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini.San Raffaele ci viene presentato soprattutto nel Libro di Tobia come l’Angelo a cui è affidata la mansione di guarire. Quando Gesù invia i suoi discepoli in missione, al compito dell’annuncio del Vangelo vien sempre collegato anche quello di guarire. Il buon Samaritano, accogliendo e guarendo la persona ferita giacente al margine della strada, diventa senza parole un testimone dell’amore di Dio. Quest’uomo ferito, bisognoso di essere guarito, siamo tutti noi. Annunciare il Vangelo, significa già di per sé guarire, perché l’uomo necessita soprattutto della verità e dell’amore. Dell’Arcangelo Raffaele si riferiscono nel Libro di Tobia due compiti emblematici di guarigione. Egli guarisce la comunione disturbata tra uomo e donna. Guarisce il loro amore. Scaccia i demoni che, sempre di nuovo, stracciano e distruggono il loro amore. Purifica l’atmosfera tra i due e dona loro la capacità di accogliersi a vicenda per sempre. Nel racconto di Tobia questa guarigione viene riferita con immagini leggendarie. Nel Nuovo Testamento, l’ordine del matrimonio, stabilito nella creazione e minacciato in modo molteplice dal peccato, viene guarito dal fatto che Cristo lo accoglie nel suo amore redentore. Egli fa del matrimonio un sacramento: il suo amore, salito per noi sulla croce, è la forza risanatrice che, in tutte le confusioni, dona la capacità della riconciliazione, purifica l’atmosfera e guarisce le ferite. Al sacerdote è affidato il compito di condurre gli uomini sempre di nuovo incontro alla forza riconciliatrice dell’amore di Cristo. Deve essere "l’angelo" risanatore che li aiuta ad ancorare il loro amore al sacramento e a viverlo con impegno sempre rinnovato a partire da esso.In secondo luogo, il Libro di Tobia parla della guarigione degli occhi ciechi. Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al Vescovo. Così, spontaneamente siamo portati a pensare anche al sacramento della Riconciliazione, al sacramento della Penitenza che, nel senso più profondo della parola, è un sacramento di guarigione. La vera ferita dell’anima, infatti, il motivo di tutte le altre nostre ferite, è il peccato. E solo se esiste un perdono in virtù della potenza di Dio, in virtù della potenza dell’amore di Cristo, possiamo essere guariti, possiamo essere redenti."Rimanete nel mio amore", ci dice oggi il Signore nel Vangelo (Gv 15, 9). Nell’ora dell’Ordinazione episcopale lo dice in modo particolare a voi, cari amici. Rimanete nel suo amore! Rimanete in quell’amicizia con Lui piena di amore che Egli in quest’ora vi dona di nuovo! Allora la vostra vita porterà frutto – un frutto che rimane (Gv 15, 16). Affinché questo vi sia donato, preghiamo tutti in quest’ora per voi, cari fratelli. Amen.
[01343-01.02] [Testo originale: Italiano]


I VESCOVI ORDINANDI
Questi i Presbiteri ai quali il Santo Padre Benedetto XVI conferisce questa mattina l’Ordinazione episcopale:

1. Mons. Mieczysław MOKRZYCKI, del clero dell’Arcidiocesi di Lviv dei Latini, nato il 29 marzo 1961, ordinato Presbitero il 18 dicembre 1987, eletto Arcivescovo Coadiutore di Lviv dei Latini (Ucraina) il 16 luglio 2007.

2. Mons. Francesco Giovanni BRUGNARO, del clero dell’Arcidiocesi di Milano, nato il 16 marzo 1943, ordinato Presbitero il 18 dicembre 1982, eletto Arcivescovo di Camerino – San Severino Marche (Italia) il 3 settembre 2007.

3. Mons. Gianfranco RAVASI, del clero dell’Arcidiocesi di Milano, nato il 18 ottobre 1942, ordinato Presbitero il 28 giugno 1966, eletto Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare e nominato Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturale della Chiesa e di Archeologia Sacra il 3 settembre 2007.
4. Mons. Tommaso CAPUTO, del clero dell’Arcidiocesi di Napoli, nato il 17 ottobre 1950, ordinato Presbitero il 10 aprile 1974, eletto Arcivescovo titolare di Otricoli e nominato Nunzio Apostolico in Malta e in Libia il 3 settembre 2007.

5. Mons. Sergio PAGANO, dei Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti), nato il 6 novembre 1948, ordinato Presbitero il 28 maggio 1978, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, eletto Vescovo titolare di Celene il 4 agosto 2007.

6. Mons. Vincenzo DI MAURO, del clero dell’Arcidiocesi di Milano, nato il 1° dicembre 1951, ordinato Presbitero il 12 giugno 1976, eletto Vescovo titolare di Arpi e nominato Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede il 3 settembre 2007.

[01349-01.01][B0503-XX.02]





Liturgia della Domenica...XXVI Domenica del T.O.

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno C

PROPRIO DELLA S. MESSA
tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum
e traduzione italiana delle letture secondo
la traduzione proposta dalle CEI

Domenica 30 Settembre 2007
XVIII Domenica dopo Pentecoste

INTRÓITUS
Eccl. 36, 18 - Da pacem, Dómine,
sustinéntibus te, ut prophaétae tui
fidéles inveniántur: exáudi preces
servi tui, et plebis tuae Israël.
Ps. 121, 1 - Laetátus sum in his, quae
dicta sunt mihi: in domum Dómini
íbimus.
Glória Patri…
Eccl. 36, 18 - Da pacem, Dómine,
sustinéntibus te,…

ORÁTIO
Dírigat corda nostra, quaésumus,
Dómine, tuae miseratiónis operátio:
quia tibi sine te placére non
póssumus. Per Dóminum nostrum
Iesum Christum, Fílium tuum, qui
tecum vívit et regnat in unitáte
Spíritus Sancti, Deus, per ómnia
saécula saeculórum.
M. - Amen.

EPISTOLA
Léctio Epístolae B. Pauli Ap. ad Corínthios, I, 1, 4-8

Fratelli, Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza. La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi confermerà sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo.
M. - Deo grátias.

GRADUALE
Ps. 121, 1 et 7 - Laetátus sum in
his, quae dicta sunt mihi: in
domum Dómini íbimus.
Fiat pax in virtúte tua: et abundántia
in túrribus tuis.

ALLELÚIA

Allelúia, allelúia.
Ps. 101, 16 - Timébunt gentes
nomem tuum, Dómine: et omnes
reges terrae glóriam tuam. Allelúia.

EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum, 9, 1-8

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati". Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: "Costui bestemmia". Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: "Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e và a casa tua". Ed egli si alzò e andò a casa sua. A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
M. - Laus tibi Christe.

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM
Exodi 24, 4 et 5 - Sanctificávit Móyses
altáre Dómino, ófferens super illud
holocáusta, et ímmolans víctimas:
fecit sacrifícium vespertínum in
odórem suavitátis Dómino Deo in
conspéctu filiórum Israël.

SECRÉTA

Deus, qui nos per huius sacrifícii
veneránda commércia, uníus summae
divinitátis partícipes éfficis: praesta,
quaésumus, ut, sicut tuam
cognóscimus veritátem, sic eam
dignis móribus assequámur. Per
Dóminum nostrum Iesum Christum,
Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat
in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per
ómnia saécula saeculórum.
M. - Amen.

PREFAZIO DELLA SS. TRINITÀ


COMMÚNIO
Ps. 95, 8-9 - Tóllite hóstias, et
introíte in átria eius: adoráte
Dóminum in aula sancta eius.

POSTCOMMÚNIO
Grátias tibi reférimus, Dómine, sacro
múnere vegetáti: tuam
misericórdiam deprecántes; ut dignos
nos eius participatióne perfícias. Per
Dóminum nostrum Iesum Christum,
Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat
in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per
ómnia saécula saeculórum.
M. Amen.

PRIMA LETTURA: Am 6, 1a.4-7
Sal 145
SECONDA LETTURA:1 Tm 6, 11-16
Vangelo Lc 16, 19-31
In vita tu hai ricevuto beni e Lazzaro mali; ora lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».
Foste salvati gratuitamente
Dalla «Lettera ai Filippesi» di san Policarpo, vescovo e martire(Capp. 1, 1 - 2, 3; Funk 1, 267-269)
Policarpo e i presbiteri, che sono con lui, alla chiesa di Dio che risiede come pellegrina in Filippi: la misericordia e la pace di Dio onnipotente e di Gesù Cristo nostro salvatore siano in abbondanza su di voi.Prendo parte vivamente alla vostra gioia nel Signore nostro Gesù Cristo perché avete praticato la parola della carità più autentica. Infatti avete aiutato nel loro cammino i santi avvinti da catene, catene che sono veri monili e gioielli per coloro che furono scelti da Dio e dal Signore nostro. Gioisco perché la salda radice della vostra fede, che vi fu annunziata fin dal principio, sussiste fino al presente e porta frutti in Gesù Cristo nostro Signore. Egli per i nostri peccati accettò di giungere fino alla morte, ma «Dio lo ha risuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte» (At 2, 24), e in lui, senza vederlo, credete con una gioia indicibile e gloriosa( cfr. 1 Pt 1, 8), alla quale molti vorrebbero partecipare; e sapete bene che siete stati salvati per grazia, non per le vostre opere, ma per la volontà di Dio mediante Gesù Cristo (cfr. Ef 2, 8-9).«Perciò dopo aver preparato la vostra mente all'azione» (1 Pt 1, 13), «servite Dio con timore» (Sal 2, 11) e nella verità, lasciando da parte le chiacchiere inutili e gli errori grossolani e «credendo in colui che ha risuscitato nostro Signore Gesù Cristo dai morti e gli ha dato gloria» (1 Pt 1, 21), facendolo sedere alla propria destra. A lui sono sottomesse tutte le cose nei cieli e sulla terra, a lui obbedisce ogni vivente. Egli verrà a giudicare i vivi e i morti e Dio chiederà conto del suo sangue a quanti rifiutano di credergli.Colui che lo ha risuscitato dai morti, risusciterà anche noi, se compiremo la sua volontà, se cammineremo secondo i suoi comandi e ameremo ciò che egli amò, astenendoci da ogni specie di ingiustizia, inganno, avarizia, calunnia, falsa testimonianza, «non rendendo mala per male, né ingiuria per ingiuria» (1 Pt 3, 9), colpo per colpo, maledizione per maledizione, memori dell'insegnamento del Signore che disse: Non giudicate per non esser giudicati; perdonate e vi sarà perdonato; siate misericordiosi per ricevere misericordia; con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi (cfr. Mt 7, 1); Lc 6, 36-38) e: Beati i poveri e i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (cfr. Mt 5, 3. 10).

I Sacri barlumi dell'aurora del Regno di Maria

Nel terminare queste considerazioni sugli avvenimenti di Fatima, non dobbiamo fermare il nostro sguardo soltanto sullo stato del mondo decadente, ma meditare la promessa fatta dalla Madonna alla Cova di Iria: Alla fine il Mio Cuore Immacolato Trionferà! Vittora che sarà bellissima, come del resto tutto quello che Dio ha fatto per mezzo di Maria. Sarà la vittoria di ciò che in Lei è migliore, cioè la bontà.
Ci viene in mente a questo punto il bellissimo brano giovanneo, sulle nozze di Cana, nel quale viene risaltata al massimo la bontà di Maria.Oggi come duemila anni fa Maria intercede per noi e si proccupa del nostro stato presso l'Altissimo. Essa funge da Avvocato celeste presso di noi poveri peccatori. L'eccelsa Madre da duemila anni continua la sua missione : dare Gesù al Mondo.L'altare di Fatima è stato innalzao dalla vergine Santissima per attrarre il mondo impazzito a Cristo, e per Cristo a Dio.

Possa tu, Madre Nostra, al termine di queste nostre meditazioni, benederci con la tua bontà e con il tuo sorriso.
intercedi sempre presso l'Altissimo per ognuno di noi, gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Sii ovunque benedetta Vergine Maria, Madre di Gesù e madre nostra. Amen.!!
Un Grazie particolare lo rivolgo innanzitutto a coloro che hanno letto e interaggito in queste vicende di Fatima.
Grazie per le informazioni storiche e importantissime a :
- "Fatima" il mio Cuore Immacolato trionferà di Don Joao Scognamiglio Cla Dias
- Fatima, Messaggio di tragedia o di speranza? di Antonio A. Borelli

venerdì 28 settembre 2007

Santa Giuseppina Bakhita

Giuseppina M. Bakhita nacque nel Sudan nel 1869 e morì a Schio (Vicenza) nel 1947.
Fiore africano, che conobbe le angosce del rapimento e della schiavitù, si aprì mirabilmente alla grazia in Italia, accanto alle Figlie di S. Maddalena di Canossa.
A Schio (Vicenza), dove visse per molti anni, tutti la chiamano ancora «la nostra Madre Moretta».
Il processo per la causa di Canonizzazione iniziò dodici anni dopo la sua morte e il 1 dicembre 1978 la Chiesa emanò il decreto sull'eroicità delle sue virtù.
La divina Provvidenza che «ha cura dei fiori del campo e degli uccelli dell'aria», ha guidato questa schiava sudanese, attraverso innumerevoli e indicibili sofferenze, alla libertà umana e a quella della fede, fino alla consacrazione di tutta la propria vita a Dio per l'avvento del regno.
Bakhita non è il nome ricevuto dai genitori alla sua nascita. La terribile esperienza le aveva fatto dimenticare anche il suo nome.
Bakhita, che significa «fortunata», è il nome datole dai suoi rapitori.
Venduta e rivenduta più volte sui mercati di El Obeid e di Khartoum conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù.
Nella capitale del Sudan, Bakhita venne comperata da un Console italiano, il signor Callisto Legnani. Per la prima volta dal giorno del suo rapimento si accorse, con piacevole sorpresa, che nessuno, nel darle comandi, usava più lo staffile; anzi la si trattava con maniere affabili e cordiali. Nella casa del Console, Bakhita conobbe la serenità, l'affetto e momenti di gioia, anche se sempre velati dalla nostalgia di una famiglia propria, perduta forse, per sempre.
Situazioni politiche costrinsero il Console a partire per l'Italia. Bakhita chiese ed ottenne di partire con lui e con un suo amico, un certo signor Augusto Michieli.
Giunti a Genova, il Signor Legnani, su insistente richiesta della moglie del Michieli, accettò che Bakhita rimanesse con loro. Ella seguì la nuova «famiglia» nell'abitazione di Zianigo (frazione di Mirano Veneto) e, quando nacque la figlia Mimmina, Bakhita ne divenne la bambinaia e l'amica.
L'acquisto e la gestione di un grande hotel a Suakin, sul Mar Rosso, costrinsero la signora Michieli a trasferirsi in quella località per aiutare il marito. Nel frattempo, dietro avviso del loro amministratore, Illuminato Checchini, Mimmina e Bakhita vennero affidate alle Suore Canossiane dell'Istituto dei Catecumeni di Venezia. Ed è qui che Bakhita chiese ed ottenne di conoscere quel Dio che fin da bambina «sentiva in cuore senza sapere chi fosse».
«Vedendo il sole, la luna e le stelle, dicevo tra me: Chi è mai il Padrone di queste belle cose? E provavo una voglia grande di vederlo, di conoscerlo e di prestargli omaggio».
Dopo alcuni mesi di catecumenato Bakhita ricevette i Sacramenti dell'Iniziazione cristiana e quindi il nome nuovo di Giuseppina. Era il 9 gennaio 1890. Quel giorno non sapeva come esprimere la sua gioia. I suoi occhi grandi ed espressivi sfavillavano, rivelando un'intensa commozione. In seguito la si vide spesso baciare il fonte battesimale e dire: «Qui sono diventata figlia di Dio!».
Ogni giorno nuovo la rendeva sempre più consapevole di come quel Dio, che ora conosceva ed amava, l'aveva condotta a sé per vie misteriose, tenendola per mano.
Quando la signora Michieli ritornò dall'Africa per riprendersi la figlia e Bakhita, quest'ultima, con decisione e coraggio insoliti, manifestò la sua volontà di rimanere con le Madri Canossiane e servire quel Dio che le aveva dato tante prove del suo amore.
La giovane africana, ormai maggiorenne, godeva della libertà di azione che la legge italiana le assicurava.
Bakhita rimase nel catecumenato ove si chiarì in lei la chiamata a farsi religiosa, a donare tutta se stessa al Signore nell'Istituto di S. Maddalena di Canossa.
L'8 dicembre 1896 Giuseppina Bakhita si consacrava per sempre al suo Dio che lei chiamava, con espressione dolce, «el me Paron».
Per oltre cinquant'anni questa umile Figlia della Carità, vera testimone dell'amore di Dio, visse prestandosi in diverse occupazioni nella casa di Schio: fu infatti cuciniera, guardarobiera, ricamatrice, portinaia.
Quando si dedicò a quest'ultimo servizio, le sue mani si posavano dolci e carezzevoli sulle teste dei bambini che ogni giorno frequentavano le scuole dell'Istituto. La sua voce amabile, che aveva l'inflessione delle nenie e dei canti della sua terra, giungeva gradita ai piccoli, confortevole ai poveri e ai sofferenti, incoraggiante a quanti bussavano alla porta dell'Istituto.
La sua umiltà, la sua semplicità ed il suo costante sorriso conquistarono il cuore di tutti i cittadini scledensi. Le consorelle la stimavano per la sua dolcezza inalterabile, la sua squisita bontà e il suo profondo desiderio di far conoscere il Signore.
«Siate buoni, amate il Signore, pregate per quelli che non lo conoscono. Sapeste che grande grazia è conoscere Dio!».
Venne la vecchiaia, venne la malattia lunga e dolorosa, ma M. Bakhita continuò ad offrire testimonianza di fede, di bontà e di speranza cristiana. A chi la visitava e le chiedeva come stesse, rispondeva sorridendo: «Come vol el Paron».
Nell'agonia rivisse i terribili giorni della sua schiavitù e più volte supplicò l'infermiera che l'assisteva: «Mi allarghi le catene...pesano!».
Fu Maria Santissima a liberarla da ogni pena. Le sue ultime parole furono: «La Madonna! La Madonna!», mentre il suo ultimo sorriso testimoniava l'incontro con la Madre del Signore.
M. Bakhita si spense l'8 febbraio 1947 nella casa di Schio, circondata dalla comunità in pianto e in preghiera. Una folla si riversò ben presto nella casa dell'Istituto per vedere un'ultima volta la sua «Santa Madre Moretta» e chiederne la protezione dal cielo. La fama di santità si è ormai diffusa in tutti i continenti.

Bollettino della Santa Sede


Bollettino del 28 Settembre 2007
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO AI MUSULMANI PER LA FINE DEL RAMADAN , 28.09.2007

Cristiani e Musulmani:chiamati a promuovere una cultura di pace
Cari amici musulmani,
1. Mi è particolarmente gradito presentarvi per la prima volta i fervidi, amichevoli auguri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso per la vostra gioiosa festa di ‘Id al-Fitr, che conclude il cammino fatto durante il mese di digiuno e di preghiera del Ramadan. Questo percorso rappresenta un tempo significativo per la vita della comunità musulmana e dona a ciascuno nuova forza per la sua esistenza personale, familiare e sociale. E’ infatti importante che ognuno renda testimonianza al messaggio religioso attraverso una vita sempre più integra e conforme al piano del Creatore, nella preoccupazione per il servizio ai fratelli ed in una solidarietà e fraternità sempre più grandi con i membri delle altre religioni e con tutti gli uomini di buona volontà, nel desiderio di lavorare insieme per il bene comune.
2. Nel travagliato periodo che stiamo attraversando, i membri delle religioni hanno soprattutto il dovere, in quanto servitori dell’Onnipotente, di operare a favore della pace, rispettando sia le convinzioni personali e comunitarie di ciascuno che la libertà della pratica religiosa. La libertà di religione, che non si riduce alla semplice libertà di culto, è infatti uno degli aspetti essenziali della libertà di coscienza, che è propria di ogni persona ed è la pietra angolare dei diritti umani. E’ prendendo in considerazione questa esigenza che potrà essere edificata una cultura della pace e della solidarietà fra gli uomini, e tutti potranno impegnarsi risolutamente per costruire una società sempre più fraterna, facendo tutto ciò che è in loro potere per rifiutare qualsiasi forma di violenza, per denunciare e respingere ogni ricorso alla violenza, che non può mai avere delle motivazioni religiose, poiché essa offende l’immagine di Dio nell’uomo. Sappiamo tutti che la violenza, in primo luogo il terrorismo che colpisce ciecamente e fa numerose vittime soprattutto tra gli innocenti, è incapace di risolvere i conflitti e non può che mettere in moto l’ingranaggio mortale dell’odio distruttore, a discapito dell’uomo e delle società.
3. Spetta a noi tutti, in quanto persone religiose, essere anzitutto educatori a favore della pace, dei diritti dell’uomo, di una libertà rispettosa di ciascuno, ma anche di una vita sociale sempre più forte, poiché l’uomo deve prendersi cura dei propri fratelli e sorelle in umanità, senza alcuna discriminazione. Nessuno può essere escluso dalla comunità nazionale a motivo della razza, della religione, né di qualunque altra caratteristica personale. Tutti insieme, membri di tradizioni religiose diverse, siamo chiamati a diffondere un insegnamento che onori ogni creatura umana, un messaggio d’amore fra le persone e fra i popoli. Spetta a noi, in particolare, formare in questo spirito le giovani generazioni che avranno la responsabilità del mondo di domani. Prima di tutto le famiglie, poi coloro che hanno responsabilità nel campo dell’educazione e l’insieme delle Autorità civili e religiose, hanno il dovere di curare la diffusione di un insegnamento giusto e di dare a ciascuno un’educazione appropriata nei diversi campi menzionati, in particolare un’educazione civica, che invita ogni giovane a rispettare coloro che lo circondano ed a considerarli come fratelli e sorelle con i quali è chiamato a vivere quotidianamente non nell’indifferenza ma con attenzione fraterna. E’ più che mai urgente insegnare alle giovani generazioni i fondamentali valori umani, morali e civici, necessari tanto alla vita personale che a quella comune. Ogni mancanza di civiltà deve essere occasione per ricordare ai giovani ciò che ci si attende da loro nella vita sociale. E’ in gioco il bene comune di ogni società e del mondo nel suo insieme.
4. In questo spirito, bisogna considerare importanti la continuazione e l’intensificazione del dialogo fra cristiani e musulmani, nella sua dimensione educatrice e culturale, perché si mobilitino tutte le forze a servizio dell’uomo e dell’umanità, perché le giovani generazioni non formino dei blocchi culturali o religiosi gli uni contro gli altri, ma siano autentici fratelli e sorelle in umanità. Il dialogo è uno strumento che ci può aiutare ad uscire dalla spirale senza fine dei conflitti e delle molteplici tensioni che attraversano le nostre società, perché tutti i popoli possano vivere nella serenità e nella pace, nel rispetto reciproco e nell’armonia fra le loro diverse componenti.
Per fare tutto ciò mi rivolgo con tutto il cuore all’attenzione di tutti perché, attraverso incontri e momenti di condivisione, cristiani e musulmani lavorino insieme, con reciproca stima, in vista della pace e di un avvenire migliore per tutti gli uomini; essi saranno, per i giovani d’oggi, un esempio da seguire ed imitare. I giovani avranno allora una rinnovata fiducia nella vita sociale e cercheranno d’inserirsi in essa prendendo parte alla sua trasformazione. L’educazione e l’esempio saranno così, per loro, fonte di speranza nel futuro.
5. E’ questo l’ardente auspicio che condivido con voi: che cristiani e musulmani sviluppino sempre più delle relazioni amichevoli e costruttive per condividere le loro specifiche ricchezze, e che essi vigilino in particolare sulla qualità della loro testimonianza di credenti!
Vi rinnovo, cari amici musulmani, i miei più fervidi auguri per la vostra festa e chiedo al Dio della pace e della misericordia che doni a tutti voi buona salute, serenità e prosperità.
Jean-Louis Cardinale TauranPresidente
Arcivescovo Pier Luigi Celata Segretario

[01340-01.01] [Testo originale: Italiano]
LE UDIENZE
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo:

Delegazione della "Hochschule für katholische Kirchenmusik und Musikpädagogik" di Regensburg;

S.E. Mons. Francesco Coccopalmerio, Arcivescovo tit. di Celiana, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi;

S.E. il Signor Giuseppe Balboni Acqua, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, in visita di congedo.
[01337-01.01]
RINUNCE E NOMINE
RINUNCIA DEL VESCOVO DI CROOKSTON (U.S.A.) E NOMINA DEL SUCCESSORE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Crookston (U.S.A.), presentata da S.E. Mons. Victor H. Balke, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
Il Papa ha nominato Vescovo di Crookston (U.S.A.) il Rev.do Mons. Michael J. Hoeppner, del clero di Winona, Vicario Generale.
Rev.do Mons. Michael J. HoeppnerIl Rev.do Mons. Michael J. Hoeppner è nato a Winona (Minnesota) il 1° giugno 1949.Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie locali, è entrato nel Seminario "Immaculate Heart of Mary" a Winona per gli studi filosofici. E’ stato quindi mandato a Roma al Pontificio Collegio Americano del Nord, dove ha compiuto gli studi teologici presso la Pontificia Università Gregoriana nel 1974. Ha seguito poi un anno di corsi per la Licenza in Teologia alla Gregoriana, ma è stato richiamato in diocesi prima di concludere.È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Winona da Papa Paolo VI il 29 giugno 1975.Dal 1985 al 1987 è stato alunno della "Saint Paul University" di Ottawa (Canada), conseguendovi la Licenza in Diritto Canonico. Ha ottenuto anche un Master in Educazione dalla "Winona State University".Ha poi ricoperto i seguenti incarichi: Vice-parroco nella "Saint Joseph the Worker Parish" a Mankato (1975-1980); Insegnante della "Loyola High School" di Mankato, Direttore della "Pacelli High School" di Austin e Direttore delle Vocazioni (1977-1984); Vicario Giudiziale (1988-1997); Parroco della "Saint Paul Parish" in Minnesota City (1988-1992), della "Saint Casimir Parish" a Winona (1992-1997); Amministratore Diocesano (1997-1999); Vicario Generale (dal 1997); Moderatore della Curia (dal 1999).
[01339-01.01]
[B0501-XX.01]
TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DELL’EM.MO CARD. ADAM KOZŁOWIECKI, S.I. , 28.09.2007
Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte, avvenuta questa mattina, dell’Em.mo Card. Adam Kozłowiecki, S.I., missionario in Africa e primo Arcivescovo Metropolita di Lusaka, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’Arcivescovo di Lusaka (Zambia), S.E. Mons. Telesphore George Mpundu:

TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE
TO MY BROTHER THE MOST REVEREND TELESPHORE GEORGE MPUNDUARCHBISHOP OF LUSAKA
HAVING LEARNED WITH SORROW OF THE DEATH OF CARDINAL ADAM KOZLOWIECKI, SJ, I OFFER HEARTFELT CONDOLENCES TO YOU AND ALL THE CLERGY, RELIGIOUS AND LAITY OF THE ARCHDIOCESE OF LUSAKA, TOGETHER WITH THE MEMBERS OF THE SOCIETY OF JESUS. RECALLING WITH GRATITUDE THE FIRST ARCHBISHOP OF LUSAKA’S SELFLESS YEARS OF ZEALOUS EPISCOPAL AND MISSIONARY SERVICE, UNWAVERING COMMITMENT TO THE SPREAD OF THE GOSPEL AND SERVICE TO THE UNIVERSAL CHURCH, I JOIN YOU IN PRAYING THAT GOD OUR MERCIFUL FATHER WILL GRANT HIM THE REWARD OF HIS LABOURS AND WELCOME HIS NOBLE SOUL INTO THE JOY AND PEACE OF HIS ETERNAL KINGDOM. TO ALL ASSEMBLED FOR THE SOLEMN MASS OF CHRISTIAN BURIAL I CORDIALLY IMPART MY APOSTOLIC BLESSING AS A PLEDGE OF CONSOLATION AND STRENGTH IN THE LORD.
BENEDICTUS PP. XVI
[01341-02.01] [Original text: English]
[B0502-XX.01]

La Parola del Papa

INCONTRO DI CONGEDO DALLA DIVERSE COMUNITÀ DI CASTEL GANDOLFO
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Sala degli Svizzeri Venerdì, 28 settembre 2007


Cari fratelli e sorelle,
prima di lasciare Castel Gandolfo, desidero rivolgere una parola di cordiale gratitudine a ciascuno di voi, che avete contribuito, in vario modo, a rendere salutare e distensivo questo mio soggiorno estivo. Anzitutto, il mio fraterno saluto va al Vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro, e si estende con affetto all’intera Diocesi. Saluto poi il Parroco di Castel Gandolfo e la Comunità parrocchiale, come pure le varie Comunità religiose maschili e femminili, che qui vivono ed operano. A ciascuno vorrei dire: il Papa conta sul vostro sostegno spirituale, e vi accompagna con la sua preghiera, perché possiate aderire con costante generosità, alla esigente chiamata alla perfezione evangelica, per servire in letizia e dedizione il Signore e i fratelli.
Vorrei ora, in maniera speciale, ringraziare il Signor Sindaco e i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale di Castel Gandolfo. Grazie di cuore per la vostra visita. In questi mesi ho avvertito la vostra vicinanza, e so con quanta cura vi siete occupati di me e di quanti vivono nel Palazzo Apostolico. Tutti conoscono lo stile di cordiale ospitalità che contraddistingue la vostra Città e i suoi abitanti; un’accoglienza che non è riservata solo al Papa, bensì pure ai numerosi pellegrini che vengono a rendergli visita, soprattutto la domenica per il consueto appuntamento dell'Angelus. Vi chiedo, cari amici, di farvi interpreti dei miei grati sentimenti presso l’intera comunità cittadina, che in varie occasioni ho avuto modo di incontrare. A tutti grazie!
Non può certo mancare poi una parola di sincera gratitudine per il personale medico e per gli addetti dei vari Servizi del Governatorato, che in questi mesi hanno lavorato, ciascuno nel proprio settore, con competenza e abnegazione. Cari amici, conosco la vostra disponibilità e i sacrifici che comportano le varie mansioni che siete chiamati a svolgere. Di tutto vi ricompensi il Signore.
Ugualmente, sento il bisogno di rinnovare i miei sentimenti di apprezzamento e di riconoscenza ai funzionari e agli agenti delle diverse Forze dell'Ordine italiane che, con la consueta sollecitudine, hanno affiancato il Corpo della Gendarmeria Vaticana e quello della Guardia Svizzera Pontificia. Grazie per la vostra discreta ed efficiente presenza, che ha facilitato ai pellegrini e ai visitatori l’accesso ordinato e sicuro nel Palazzo Apostolico.
E come, infine, non ricordare gli ufficiali e gli avieri del 31° stormo dell'Aeronautica Militare? Voi, cari amici, adempite un compito quanto mai qualificato e utile, accompagnando me e i miei collaboratori negli spostamenti in elicottero e in aereo. Di questo vostro utile servizio vi sono molto riconoscente.
Cari fratelli e sorelle, mi piacerebbe soffermarmi a parlare con ciascuno di voi, e ringraziarvi personalmente per l’apporto che, con premura e generosità, date al buon funzionamento dell’attività del Papa qui, a Castel Gandolfo. Si tratta spesso di prestazioni nascoste che vi obbligano ad orari faticosi, rimanendo lontano da casa per lunghe ore. In questo modo anche le vostre famiglie sono coinvolte nei sacrifici che dovete affrontare. Per questo, mi preme assicurarvi nuovamente della mia più viva riconoscenza, che estendo ai vostri familiari. Tutti vi porto nell’animo e tutti vi affido alla materna protezione della Beata Vergine Maria, mentre di cuore benedico voi e le persone che vi sono care.

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giovedì 27 settembre 2007

I testimoni della fede (4)

San Giuseppe Moscati

Giuseppe Moscati nacque il 25 luglio 1880 a Benevento, settimo tra i nove figli del magistrato Francesco Moscati e di Rosa De Luca, dei marchesi di Roseto. Fu battezzato il 31 luglio 1880.Nel 1881 la famiglia Moscati si trasferí ad Ancona e poi a Napoli, ove Giuseppe fece la sua prima comunione nella festa dell'Immacolata del 1888. Dal 1889 al 1894 Giuseppe compì i suoi studi ginnasiali e poi quelli liceali al " Vittorio Emanuele ", conseguendovi con voti brillanti la licenza liceale nel 1897, all'etá di appena 17 anni. Pochi mesi dopo, cominciò gli studi universitari presso la facoltà di medicina dell'Ateneo partenopeo.
E' possibile che la decisione di scegliere la professione medica sia stata in parte influenzata dal fatto che negli anni dell'adolescenza Giuseppe si era confrontato, in modo diretto e personale, con il dramma della sofferenza umana. Nel 1893, infatti, suo fratello Alberto, tenente di artiglieria, fu portato a casa dopo aver subito un trauma inguaribile in seguito ad una caduta da cavallo. Per anni Giuseppe prodigò le sue cure premurose al fratello tanto amato, e allora dovette sperimentare la relativa impotenza dei rimedi umani e l'efficacia dei conforti religiosi, che soli possono darci la vera pace e serenità. È comunque un fatto che, fin dalla più giovane età, Giuseppe Moscati dimostra una sensibilità acuta per le sofferenze fisiche altrui; ma il suo sguardo non si ferma ad esse: penetra fino agli ultimi recessi del cuore umano. Vuole guarire o lenire le piaghe del corpo, ma è, al tempo stesso, profondamente convinto che anima e corpo sono tutt'uno e desidera ardentemente di preparare i suoi fratelli sofferenti all'opera salvifica del Medico Divino.
Il 4 agosto 1903, Giuseppe Moscati conseguì la laurea in medicina con pieni voti e diritto alla stampa, coronando così in modo degno il " curriculum " dei suoi studi universitari. A distanza di cinque mesi dalla laurea, il dottor Moscati prende parte al concorso pubblico indetto per l'ufficio di assistente ordinario negli Ospedali Riuniti di Napoli; quasi contemporaneamente sostiene un altro concorso per coadiutore straordinario negli stessi ospedali, a base di prove e titoli. Nel primo dei concorsi, su ventun classificati, riesce secondo; nell'altro riesce primo assoluto, e ciò in modo così trionfale che - come si legge in un giudizio qualificato - " fece sbalordire esaminatori e compagni ".
Dal 1904 il Moscati presta servizio di coadiutore all'ospedale degl'Incurabili, a Napoli, e fra l'altro organizza l'ospedalizzazione dei colpiti di rabbia e, mediante un intervento personale molto coraggioso, salva i ricoverati nell'ospedale di Torre del Greco, durante l'eruzione del Vesuvio nel 1906.
Negli anni successivi Giuseppe Moscati consegue l'idoneità, in un concorso per esami, al servizio di laboratorio presso l'ospedale di malattie infettive " Domenico Cotugno ". Nel 1911 prende parte al concorso pubblico per sei posti di aiuto ordinario negli Ospedali Riuniti e lo vince in modo clamoroso. Si succedono le nomine a coadiutore ordinario, negli ospedali e poi, in seguito al concorso per medico ordinario, la nomina a direttore di sala, cioè a primario. Durante la prima guerra mondiale è direttore dei reparti militari negli Ospedali Riuniti. A questo " curriculum " ospedaliero si affiancano le diverse tappe di quello universitario e scientifico: dagli anni universitari fino al 1908, il Moscati è assistente volontario nel laboratorio di fisiologia; dal 1908 in poi è assistente ordinario nell'Istituto di Chimica fisiologica. Consegue per concorso un posto di studio nella stazione zoologica. In seguito a concorso viene nominato preparatore volontario della III Clinica Medica, e preposto al reparto chimico fino al 1911. Contemporaneamente, percorre i diversi gradi dell'insegnamento.
Nel 1911 ottiene, per titoli, la Libera Docenza in Chimica fisiologica; ha l'incarico di guidare le ricerche scientifiche e sperimentali nell'Istituto di Chimica biologica. Dal 1911 insegna, senza interruzioni, " Indagini di laboratorio applicate alla clinica " e " Chimica applicata alla medicina ", con esercitazioni e dimostrazioni pratiche. A titolo privato, durante alcuni anni scolastici, insegna a numerosi laureati e studenti semeiologia e casuistica ospedaliera, clinica e anatomo-patologica. Per vari anni accademici espleta la supplenza nei corsi ufficiali di Chimica fisiologica e Fisiologia. Nel 1922, consegue la Libera Docenza in Clinica Medica generale, con dispensa dalla lezione o dalla prova pratica ad unanimità di voti della commissione.
Celebre e ricercatissimo nell'ambiente partenopeo quando è ancora giovanissimo, il professor Moscati conquista ben presto una fama di portata nazionale ed internazionale per le sue ricerche originali, i risultati delle quali vengono da lui pubblicati in varie riviste scientifiche italiane ed estere. Queste ricerche di pioniere, che si concentrano specialmente sul glicogeno ed argomenti collegati, assicurano al Moscati un posto d'onore fra i medici ricercatori della prima metà del nostro secolo.
Non sono tuttavia unicamente e neppure principalmente le doti geniali ed i successi clamorosi del Moscati - la sua sicura metodologia innovatrice nel campo della ricerca scientifica, il suo colpo d'occhio diagnostico fuori del comune - che suscitano la meraviglia di chi lo avvicina. Più di ogni altra cosa è la sua stessa personalità che lascia un'impressione profonda in coloro che lo incontrano, la sua vita limpida e coerente, tutta impregnata di fede e di carità verso Dio e verso gli uomini. Il Moscati è uno scienziato di prim'ordine; ma per lui non esistono contrasti tra la fede e la scienza: come ricercatore è al servizio della verità e la verità non è mai in contraddizione con se stessa né, tanto meno, con ciò che la Verità eterna ci ha rivelato. L'accettazione della Parola di Dio non è, d'altronde, per il Moscati un semplice atto intellettuale, astratto e teorico: per lui la fede è, invece, la sorgente di tutta la sua vita, l'accettazione incondizionata, calda ed entusiasta della realtà del Dio personale e dei nostri rapporti con lui. Il Moscati vede nei suoi pazienti il Cristo sofferente, lo ama e lo serve in essi. È questo slancio di amore generoso che lo spinge a prodigarsi senza sosta per chi soffre, a non attendere che i malati vadano a lui, ma a cercarli nei quartieri più poveri ed abbandonati della città, a curarli gratuitamente, anzi, a soccorrerli con i suoi propri guadagni. E tutti, ma in modo speciale coloro che vivono nella miseria, intuiscono ammirati la forza divina che anima il loro benefattore. Così il Moscati diventa l'apostolo di Gesù: senza mai predicare, annuncia, con la sua carità e con il modo in cui vive la sua professione di medico, il Divino Pastore e conduce a lui gli uomini oppressi e assetati di verità e di bontà. Mentre gli anni progrediscono, il fuoco dell'amore sembra divorare Giuseppe Moscati. L'attività esterna cresce costantemente, ma si prolungano pure le sue ore di preghiera e si interiorizzano progressivamente i suoi incontri con Gesù sacramentato.
Quando, il 12 aprile 1927, il Moscati muore improvvisamente, stroncato in piena attività, a soli 46 anni, la notizia del suo decesso viene annunciata e propagata di bocca in bocca con le parole: " È morto il medico santo ". Queste parole, che riassumono tutta la vita del Moscati, ricevono oggi il suggello ufficiale della Chiesa.
Il Prof. Giuseppe Moscati è stato beatificato da S. S. Paolo VI nel corso dell'Anno Santo, il 16 novembre 1975.
www.vatican.va

La Parola del Papa

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVIAI MEMBRI DELL'EPISCOPATO DI RITO LATINO DELL'UCRAINAIN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"
Sala del Concistoro, Castel Gandolfo Giovedì, 27 settembre 2007


Signor Cardinale,Venerati Fratelli nell’Episcopato,
“Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro” (Col 1,2)! Con questo saluto apostolico mi rivolgo a voi, membri dell’Episcopato di rito latino dell’Ucraina. A ciascuno auguro quella grazia e quella pace del Signore, che sono il segreto della nostra missione di Vescovi al servizio dell’uomo. Al termine della visita ad limina, che mi ha dato modo di incontrarvi personalmente, di conoscere meglio la realtà di ogni singola vostra Diocesi e di condividere con voi le speranze e i problemi che ne segnano il quotidiano cammino, rendo grazie a Dio per quanto, nel suo amore misericordioso, Egli va compiendo attraverso il vostro ministero pastorale. Un saluto particolare rivolgo al Cardinale Marian Jaworski e lo ringrazio per le sue parole che hanno interpretato il pensiero di tutti voi. Ho colto nel suo intervento il vivo desiderio che nutrite di consolidare tra voi l’unità e la collaborazione per affrontare uniti le grandi sfide sociali, culturali e spirituali del momento presente. Voi non vi stancate di trovare soluzioni possibili, anche nel dialogo con le Autorità locali, con il solo obbiettivo di prendervi cura spirituale del gregge che il Signore vi ha affidato. Con vivo apprezzamento ho preso conoscenza dello sforzo catechetico, liturgico, apostolico e caritativo delle vostre Diocesi: un programma che tende anche a consolidare l’anelito alla cattolicità che fa sentire tutti i battezzati membri dell’unico Corpo di Cristo.
La vostra opera pastorale, venerati Fratelli, si dispiega in un territorio nel quale convivono cattolici di rito latino e di rito greco-cattolico, insieme ad altri credenti che trovano la ragione della propria vita nell’unico Signore Gesù Cristo. Anche fra cattolici non sempre la collaborazione riesce facile, essendo normale che emergano sensibilità differenti, data pure la diversità delle rispettive tradizioni. Ma come non ritenere una provvidenziale opportunità il fatto che coesistano insieme due Comunità distinte nelle loro tradizioni ma pienamente cattoliche, entrambe protese a servire l’unico Kyrios e ad annunciarne il vangelo? L’unità dei cattolici, nella diversità dei riti, e lo sforzo di manifestarla in ogni ambito, mostra il volto autentico della Chiesa Cattolica e costituisce un segno quanto mai eloquente anche per gli altri cristiani e per l’intera società. Dalla vostra analisi emerge una serie di problematiche, la cui soluzione esige un’indispensabile sinergia delle forze, per un rinnovato annuncio del Vangelo. I lunghi anni della dominazione atea e comunista hanno lasciato evidenti tracce nelle generazioni attuali. Esse sono altrettante sfide che vi interpellano, cari Fratelli, e che sono giustamente al centro delle vostre preoccupazioni e programmazioni pastorali.
“Ut unum sint”! La preghiera di Cristo nel cenacolo risuona costantemente nella Chiesa come invito a ricercare, senza stancarsi, l’unità. Se si consolida la comunione all’interno delle comunità cattoliche sarà più agevole condurre un proficuo dialogo tra la Chiesa Cattolica e le altre Chiese e Comunità ecclesiali. L’esigenza ecumenica è fortemente avvertita da voi, che da lunghi secoli vivete insieme ai nostri fratelli ortodossi e con loro cercate di tessere un quotidiano dialogo che abbraccia tanti aspetti della vita. Le difficoltà, gli ostacoli, e persino eventuali insuccessi non rallentino il vostro entusiasmo nell’andare in questa direzione. Con pazienza e umiltà, con carità, verità e apertura d’animo, il cammino da percorrere diviene meno arduo, soprattutto se non viene mai meno la prospettiva di fondo, la convinzione cioè che tutti i discepoli di Cristo sono chiamati a percorrere le sue orme, lasciandosi guidare docilmente dal suo Spirito, che è sempre all’opera nella Chiesa.
Cari Fratelli, tanti sarebbero gli argomenti affrontati nei nostri colloqui personali, sui quali mi piacerebbe ritornare per incoraggiarvi a proseguire nella strada intrapresa. Penso ad esempio alla fondamentale esigenza di formare in modo adeguato i sacerdoti, perché possano compiere al meglio la loro missione; come pure alla cura delle vocazioni, che costituisce una priorità pastorale per assicurare operai alla messe del Signore. Nella grande maggioranza, i sacerdoti sono testimoni di autentica abnegazione, di generosità gioiosa, di umile adattamento alle precarie situazioni in cui si trovano ad operare, talora anche con difficoltà di tipo economico. Dio li conservi e protegga sempre! Amateli, perché sono per voi collaboratori insostituibili, sosteneteli ed incoraggiateli, pregate con e per loro. Siate per loro padri amorevoli a cui ricorrere con fiducia. Conosco i vostri sforzi con varie iniziative per promuovere le vocazioni. Abbiate cura che nei seminari sia impartita agli aspiranti al sacerdozio una formazione armonica e completa. Accompagnate con paterna sollecitudine i giovani sacerdoti nei primi passi del loro ministero e non trascurate la formazione permanente dei presbiteri. Ho notato con soddisfazione la presenza e l’impegno dei consacrati e delle consacrate: un autentico dono per la crescita spirituale di ogni comunità. La cura delle vocazioni presuppone naturalmente una valida pastorale familiare. La formazione di un laicato che sappia rendere ragione della fede si rende in questi nostri tempi ancor più necessaria e rappresenta uno degli obbiettivi pastorali da perseguire con impegno.
Cari e venerati Fratelli, talora l’insieme delle situazioni, con le relative difficoltà, potrebbe far apparire il vostro lavoro improbo e veramente al di sopra delle forze umane. Non temete, il Signore è sempre con voi! Restate pertanto uniti a Lui nella preghiera e nell’ascolto della sua parola. A Maria, la Vergine Madre di Dio e della Chiesa, affido voi e le vostre Comunità, perché vi protegga e vi guidi sempre con mano materna, mentre vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica.

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Il Messaggio di Fatima non è stato accolto...
Quando la Madonna apparve, l’irriverenza verso la Legge di Dio aumentava in modo impressionante: la morale si rilassava, l’adulterio cominciava ad avere diritto di cittadinanza, il divorzio veniva introdotto in diversi paesi, il cinema appena inventato diffondeva nel mondo immagini sempre più sconvenienti, le vesti cominciavano a perdere la modestia.
Fu in questo contesto che la Madre di Dio apparve a Fatima,e per mezzo dei Pastorelli indicò al mondo, la degenerazione di questo ultimo. Con un linguaggio semplice e diretto, la Madonna segnalò la crisi morale e religiosa che stava invadendo il mondo, e incitò l’umanità alla preghiera, alla penitenza e alla riparazione dei peccati.
Però il mondo non ha porto orecchio alle parole della Madonna. Questa durezza di cuore degli uomini di fronte al messaggio di Fatima è stato fatta risaltare da Giovanni Paolo II, nella Cova di Iria, nell’esaminare in quella attitudine il successore di san Pietro compariva davanti alla Madre di Dio.
È impressionante la valanga di peccati che dal 1917 inondano sempre più il mondo.
Mode che tendono al nudismo, degrado del matrimonio, la quasi estinzione della verginità, stimolo di rapporti sessuali precoci tra adolescenti, bestemmie, i precetti non rispettati, i peccati contro le figure dei genitori, i peccati impuri, cioè della carne ( masturbazione, prostituzione, pedofilia, pornografia e porno pedo pornografia…). Giovani, donne e uomini del nostro tempo apriamo gli occhi e annulliamo dal nostro cuore questa sporcizia causata dalla bestia infernale…Amiamo Dio quia Deus Caritas Est…!!!
Al pari della decadenza morale, si è tentato ancora di eliminare la vera Fede in tutta l’estensione della Terra. Nei Paesi dove è stato impiantato il regime comunista, la lotta alla religione è stata fatta apertamente. È probabile che i marxisti abbiano provocato più vittime tra i cattolici che i tribunali degli imperatori romani nei primi secoli del Cristianesimo. Il risultato proteso con ardore dal comunismo era bandire dalla faccia della terra l’idea di Dio. Ma, come ha avvertito altre volte Giovanni Paolo II di s.m., non sono state soltanto le dittature marxiste a disseminare l’ateismo. Nei paesi non comunisti è passata a dominare un’idea materialista, superficiale e gaudente della vita, che ha cercato di organizzare società abolendo in pratica l’idea di Dio.
Il mondo è malato di una infermità che sembra incurabile con i mezzi umani. È giunta l’ora, non di disperarsi ma di volgere gli occhi con fiducia verso il Cielo
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mercoledì 26 settembre 2007

L'Udienza del Mercoledì di Benedetto XVI

BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 settembre 2007

Cari fratelli e sorelle!
Continuiamo oggi la nostra riflessione su san Giovanni Crisostomo. Dopo il periodo passato ad Antiochia, nel 397 egli fu nominato Vescovo di Costantinopoli, la capitale dell'Impero romano d'Oriente. Fin dall’inizio, Giovanni progettò la riforma della sua Chiesa: l'austerità del palazzo episcopale doveva essere di esempio per tutti - clero, vedove, monaci, persone della corte e ricchi. Purtroppo, non pochi di essi, toccati dai suoi giudizi, si allontanarono da lui. Sollecito per i poveri, Giovanni fu chiamato anche "l'Elemosiniere". Da attento amministratore, infatti, era riuscito a creare istituzioni caritative molto apprezzate. La sua intraprendenza nei vari campi ne fece per alcuni un pericoloso rivale. Egli, tuttavia, come vero Pastore, trattava tutti in modo cordiale e paterno. In particolare, riservava accenti sempre teneri per la donna e cure speciali per il matrimonio e la famiglia. Invitava i fedeli a partecipare alla vita liturgica, da lui resa splendida e attraente con geniale creatività.Nonostante il cuore buono, non ebbe una vita tranquilla. Pastore della capitale dell’Impero, si trovò coinvolto spesso in questioni e intrighi politici, a motivo dei suoi continui rapporti con le autorità e le istituzioni civili. Sul piano ecclesiastico, poi, avendo deposto in Asia nel 401 sei Vescovi indegnamente eletti, fu accusato di aver varcato i confini della propria giurisdizione, e diventò così bersaglio di facili accuse. Un altro pretesto contro di lui fu la presenza di alcuni monaci egiziani, scomunicati dal patriarca Teofilo di Alessandria e rifugiatisi a Costantinopoli. Una vivace polemica fu poi originata dalle critiche mosse dal Crisostomo all'imperatrice Eudossia e alle sue cortigiane, che reagirono gettando su di lui discredito e insulti. Si giunse così alla sua deposizione, nel sinodo organizzato dallo stesso patriarca Teofilo nel 403, con la conseguente condanna al primo breve esilio. Dopo il suo rientro, l’ostilità suscitata contro di lui dalla protesta contro le feste in onore dell’imperatrice – che il Vescovo considerava come feste pagane, lussuose –, e la cacciata dei presbiteri incaricati dei Battesimi nella Veglia pasquale del 404 segnarono l'inizio della persecuzione di Crisostomo e dei suoi seguaci, i cosiddetti "Giovanniti".Allora Giovanni denunciò per lettera i fatti al Vescovo di Roma, Innocenzo I. Ma era ormai troppo tardi. Nell’anno 406 dovette di nuovo recarsi in esilio, questa volta a Cucusa, in Armenia. Il Papa era convinto della sua innocenza, ma non aveva il potere di aiutarlo. Un Concilio, voluto da Roma per una pacificazione tra le due parti dell'Impero e tra le loro Chiese, non poté avere luogo. Lo spostamento logorante da Cucusa verso Pytius, mèta mai raggiunta, doveva impedire le visite dei fedeli e spezzare la resistenza dell'esule sfinito: la condanna all'esilio fu una vera condanna a morte! Sono commoventi le numerose lettere dall'esilio, in cui Giovanni manifesta le sue preoccupazioni pastorali con accenti di partecipazione e di dolore per le persecuzioni contro i suoi. La marcia verso la morte si arrestò a Comana nel Ponto. Qui Giovanni moribondo fu portato nella cappella del martire san Basilisco, dove esalò lo spirito a Dio e fu sepolto, martire accanto al martire (Palladio, Vita 119). Era il 14 settembre 407, festa dell’Esaltazione della santa Croce. La riabilitazione ebbe luogo nel 438 con Teodosio II. Le reliquie del santo Vescovo, deposte nella chiesa degli Apostoli a Costantinopoli, furono poi trasportate nel 1204 a Roma, nella primitiva Basilica costantiniana, e giacciono ora nella cappella del Coro dei Canonici della Basilica di San Pietro. Il 24 agosto 2004 una parte cospicua di esse fu donata dal Papa Giovanni Paolo II al Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli. La memoria liturgica del santo si celebra il 13 settembre. Il beato Giovanni XXIII lo proclamò patrono del Concilio Vaticano II.Di Giovanni Crisostomo si disse che, quando fu assiso sul trono della Nuova Roma, cioè di Costantinopoli, Dio fece vedere in lui un secondo Paolo, un dottore dell'Universo. In realtà, nel Crisostomo c'è un'unità sostanziale di pensiero e di azione ad Antiochia come a Costantinopoli. Cambiano solo il ruolo e le situazioni. Meditando sulle otto opere compiute da Dio nella sequenza dei sei giorni nel commento della Genesi, il Crisostomo vuole riportare i fedeli dalla creazione al Creatore: "È un gran bene", dice, "conoscere ciò che è la creatura e ciò che è il Creatore". Ci mostra la bellezza della creazione e la trasparenza di Dio nella sua creazione, la quale diventa così quasi una "scala" per salire a Dio, per conoscerlo. Ma a questo primo passo se ne aggiunge un secondo: questo Dio creatore è anche il Dio della condiscendenza (synkatabasis). Noi siamo deboli nel "salire", i nostri occhi sono deboli. E così Dio diventa il Dio della condiscendenza, che invia all'uomo caduto e straniero una lettera, la Sacra Scrittura, cosicché creazione e Scrittura si completano. Nella luce della Scrittura, della lettera che Dio ci ha dato, possiamo decifrare la creazione. Dio è chiamato "padre tenero" (philostorgios)(ibid.),medico delle anime (Omelia 40,3 sulla Genesi), madre (ibid.)e amico affettuoso (Sulla provvidenza 8,11-12). Ma a questo secondo passo — prima la creazione come "scala" verso Dio e poi la condiscendenza di Dio tramite una lettera che ci ha dato, la Sacra Scrittura — si aggiunge un terzo passo. Dio non solo ci trasmette una lettera: in definitiva, scende Lui stesso, si incarna, diventa realmente "Dio con noi", nostro fratello fino alla morte sulla Croce. E a questi tre passi — Dio è visibile nella creazione, Dio ci dà una sua lettera, Dio scende e diventa uno di noi — si aggiunge alla fine un quarto passo. All'interno della vita e dell'azione del cristiano, il principio vitale e dinamico è lo Spirito Santo (Pneuma), che trasforma le realtà del mondo. Dio entra nella nostra stessa esistenza tramite lo Spirito Santo e ci trasforma dall'interno del nostro cuore.Su questo sfondo, proprio a Costantinopoli Giovanni, nel commento continuato degli Atti degli Apostoli, propone il modello della Chiesa primitiva (At 4,32-37) come modello per la società, sviluppando un’ "utopia" sociale (quasi una "città ideale"). Si trattava infatti di dare un'anima e un volto cristiano alla città. In altre parole, Crisostomo ha capito che non è sufficiente fare elemosina, aiutare i poveri di volta in volta, ma è necessario creare una nuova struttura, un nuovo modello di società; un modello basato sulla prospettiva del Nuovo Testamento. È la nuova società che si rivela nella Chiesa nascente. Quindi Giovanni Crisostomo diventa realmente così uno dei grandi Padri della Dottrina Sociale della Chiesa: la vecchia idea della "polis" greca va sostituita da una nuova idea di città ispirata alla fede cristiana. Crisostomo sosteneva con Paolo (cfr 1 Cor 8, 11) il primato del singolo cristiano, della persona in quanto tale, anche dello schiavo e del povero. Il suo progetto corregge così la tradizionale visione greca della "polis", della città, in cui larghi strati della popolazione erano esclusi dai diritti di cittadinanza, mentre nella città cristiana tutti sono fratelli e sorelle con uguali diritti. Il primato della persona è anche la conseguenza del fatto che realmente partendo da essa si costruisce la città, mentre nella "polis" greca la patria era al di sopra del singolo, il quale era totalmente subordinato alla città nel suo insieme. Così con Crisostomo comincia la visione di una società costruita dalla coscienza cristiana. Ed egli ci dice che la nostra "polis" è un'altra, "la nostra patria è nei cieli" (Fil 3, 20) e questa nostra patria anche in questa terra ci rende tutti uguali, fratelli e sorelle, e ci obbliga alla solidarietà.Al termine della sua vita, dall'esilio ai confini dell'Armenia, "il luogo più remoto del mondo", Giovanni, ricongiungendosi alla sua prima predicazione del 386, riprese il tema a lui caro del piano che Dio persegue nei confronti dell'umanità: è un piano "indicibile e incomprensibile", ma sicuramente guidato da Lui con amore (cfr Sulla provvidenza 2,6). Questa è la nostra certezza. Anche se non possiamo decifrare i dettagli della storia personale e collettiva, sappiamo che il piano di Dio è sempre ispirato dal suo amore. Così, nonostante le sue sofferenze, il Crisostomo riaffermava la scoperta che Dio ama ognuno di noi con un amore infinito, e perciò vuole la salvezza di tutti. Da parte sua, il santo Vescovo cooperò a questa salvezza generosamente, senza risparmiarsi, lungo tutta la sua vita. Considerava infatti ultimo fine della sua esistenza quella gloria di Dio, che – ormai morente – lasciò come estremo testamento: "Gloria a Dio per tutto!" (Palladio, Vita 11).[01320-01.01] [Testo originale: Italiano]

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE

○ Sintesi della catechesi in lingua francese Chers Frères et Sœurs,Nous poursuivons notre réflexion sur saint Jean Chrysostome. Dès qu’il fut nommé Évêque de Constantinople, il réforma son Église. Il donna à tous le témoignage d’une vie austère, dans une grande attention aux pauvres, aux femmes et à l’institution familiale. Il invitait les fidèles à participer à la vie liturgique, rendue par lui magnifique et attrayante en raison de sa créativité géniale. La déposition de six évêques élus illégitimement et ses critiques à l’égard de l’Impératrice Eudoxie et de sa cour furent des prétextes pour que le Synode patriarcal le dépose lui-même et le contraigne à un bref exil. Suscitant l’hostilité par ses prises de position, Jean Chrysostome dut à nouveau s’exiler en Arménie, malgré l’appel à l’Évêque de Rome, Innocent I, qui était convaincu de son innocence. De son exil, il écrivit de nombreuses lettres, qui manifestent ses préoccupations pastorales. Il mourut le 14 septembre 407. Sa réhabilitation eut lieu en 438.Chez Jean Chrysostome, parfois considéré comme un second saint Paul, nous voyons une unité entre pensée et action. Son enseignement renvoie à Dieu, Créateur et Sauveur, et à l’Esprit Saint, principe vital et dynamique de l’existence et de l’action du chrétien. Il invite sans cesse les fidèles à la conversion de la pensée et de l’agir. Il propose comme idéal de société l’Église primitive, appelant à donner une âme et un esprit chrétiens à la cité, avec le souci de chacun. En tout, Jean Chrysostome proclame que Dieu aime infiniment chacun et qu’il veut le salut de tous.Je salue cordialement les pèlerins francophones présents à cette audience, en particulier Mgr Guy Thomazeau, Archevêque de Montpellier avec des pèlerins de Béziers, le groupe de Frères Maristes en année de formation permanente, les jeunes de Tours et les pèlerins de La Réunion. Puisse votre séjour à Rome vous donner l’occasion de découvrir davantage le Seigneur, qui nous aime et qui veut nous sauver.[01321-03.01] [Texte original: Français]

○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,Today we continue our reflections on Saint John Chrysostom. In 397, when he became Bishop of Constantinople, he set an example to the people of the city by his simplicity of life and his constant concern for the poor. He did not hesitate to speak out against corrupt or pagan practices, even in the Imperial Court, and for this he was sent into exile. In his teaching, he showed how our wonder at the beauty of creation should lead us to give glory to the Creator. Yet God is also a tender father, a healer of souls and an affectionate friend. The Creator of the Universe loved us so much that he did not spare his only Son. The Holy Spirit also features prominently in Saint John’s writings – the life-force that transforms the world and gives wings to those Christians who are docile to the Spirit’s promptings. This authoritative teaching earned Saint John Chrysostom the title of a second Saint Paul, Teacher of the Universe. The exiled bishop continued until his death to proclaim the infinite love of God, who wants all to be saved. With his last breath he spoke of the ultimate end of human life – the glory of God. Let us learn from Saint John’s example to love Christ in the poor and to bear faithful witness to the truth of the Gospel.I extend a warm welcome to all the English-speaking visitors and pilgrims present at today’s Audience, including groups from Britain and Ireland, New Zealand, Thailand, and North America. I greet in particular the new students from the Venerable English College and the priests from Ireland who are taking part in a renewal course here in Rome. May the time that you spend in this city deepen your love for Christ and his Church, and may God’s blessings of peace and joy be with you always![01322-02.01] [Original text: English]

○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!Im Anschluß an die Katechese der vergangenen Woche wollen wir uns auch heute mit dem hl. Johannes Chrysostomus befassen. Der Einsiedler und spätere Priester und Prediger wurde im Jahr 397 Bischof der Reichshauptstadt Konstantinopel. Dort bemühte er sich um die Erneuerung der Kirche, sorgte sich um die Armen und setzte sich in Wort und Tat für eine christlich geprägte Gesellschaft ein. Damit machte er sich allerdings auch Feinde, die bei jeder Gelegenheit gegen ihn und die ihm verbundenen Gläubigen vorgingen. Im Jahre 406 mußte er seinen Bischofssitz endgültig verlassen und starb noch auf dem Weg in die Verbannung am 14. September 407. Schon wenige Jahrzehnte später folgte seine Rehabilitierung und begann seine Verehrung als Heiliger im Osten und im Westen. Von großem Interesse ist, wie dieser Kirchenvater, ausgehend von einem tiefen Verständnis der Schöpfung und des göttlichen Heilsplans, entgegen verbreiteter Ansichten seiner Zeit die Würde eines jeden Menschen und die Ausrichtung des Irdischen auf die ewige, himmlische Heimat betonte.Einen frohen Gruß richte ich an die Pilger aus Deutschland, Österreich, aus der Schweiz, aus Südtirol und auch aus den Niederlanden. Ich grüße die vielen Gruppen und heute besonders die Schulgemeinschaft des Gymnasiums St. Kaspar in Neuenheerse. Das Leben des heiligen Johannes Chrysostomus, der sich als Prediger und Hirte ganz in den Dienst der Liebe Gottes gestellt hat, sei für euch alle Ermutigung und Ansporn! Der Herr begleite euch mit seinem Segen.[01323-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola
Queridos hermanos y hermanas:Continuamos hoy la catequesis sobre san Juan Crisóstomo. Nombrado Obispo de Constantinopla proyectó la reforma de su Iglesia. La austeridad del palacio episcopal debía ser ejemplo para todos. Por su solicitud con los pobres fue llamado el "Limosnero". Trataba a todos paternalmente, especialmente a las familias. No obstante su bondad, fue víctima de intrigas políticas, siendo condenado al exilio, desde el cual escribió numerosas cartas pastorales.Meditando el libro del Génesis, guía a los fieles de la creación al Creador, que es el Dios de la condescendencia, y por eso llamado también "padre tierno", médico de las almas, madre y amigo afectuoso. Une a Dios Creador y Dios Salvador, ya que Dios deseó tanto la salvación del hombre que no se reservó a su único Hijo. Comentando los Hechos de los Apóstoles propone el modelo de la Iglesia primitiva, desarrollando una utopía social, casi una "ciudad ideal". Trataba de dar un rostro cristiano a la ciudad, afrontando los principales problemas, especialmente las relaciones entre ricos y pobres, a través de una inédita solidaridad.Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, especialmente a los sacerdotes del Pontificio Colegio Mexicano, a los diversos grupos parroquiales, al Centro de Capacitación de Toledo, así como a los demás peregrinos venidos de España, México, Chile, Argentina y de otros países latinoamericanos. Que las enseñanzas de san Juan Crisóstomo nos ayuden a descubrir el amor infinito con que Dios nos ama y que quiere la Salvación de todos los hombres. Muchas gracias.[01324-04.01] [Texto original: Español]

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

○ Saluto in lingua portoghese Amados peregrinos de língua portuguesa, possa a vossa vinda a Roma cumprir-se nas vestes de um verdadeiro peregrino que, sabendo de não possuir ainda o seu Bem maior, põe-se a caminho decidido a encontrá-Lo! Sabei que Deus Se deixa encontrar por quantos assim O procuram; e, com Ele e n’Ele, a vossa vida não poderá deixar de ser feliz. Sobre vós e vossas famílias desça a minha Bênção. Ide com Deus![01326-06.01] [Texto original: Português

Saluto in lingua polaccaPozdrawiam obecnych tu Polaków. Św. Jan Chryzostom życiem i nauczaniem dawał świadectwo, że Bóg kocha każdego i każdą z nas nieskończoną miłością i pragnie zbawienia wszystkich. Niech pobyt w Rzymie pomaga wam z wiarą przeżywać tę prawdę. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto i polacchi qui presenti. San Giovanni Crisostomo con la sua vita e la parola diede la testimonianza che Dio ama ognuno e ognuna di noi con un amore infinito, e vuole la salvezza di tutti. La presenza a Roma vi aiuti a vivere in fede questa verità. Dio vi benedica.][01327-09.01] [Testo originale: Polacco]

○ Saluto in lingua cecaSrdečně vítám poutníky z Čech a Moravy, zejména z farnosti Jimramov! Pozítří oslavíme patrona české církve, mučedníka svatého Václava. Zůstaňte vždy věrni duchovnímu odkazu tohoto velikána dějin vaší vlasti! Upřímně vám žehnám. Chvála Kristu![Un cordiale benvenuto ai pellegrini della Boemia e della Moravia, in particolare ai parrocchiani di Jimramov. Dopodomani festeggeremo il Patrono della Chiesa Ceca, San Venceslao, martire. Rimanete sempre fedeli all'eredità spirituale di questo gigante della storia della vostra Patria! Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!][01328-AA.01] [Testo originale: Ceco]

○ Saluto in lingua slovaccaS láskou pozdravujem účastníkov Druhej púte Ordinariátu ozbrojených síl a zborov pod vedením jeho biskupa Františka Rábeka, študentov Gymnázia svätého Tomáša Akvinského z Košíc ako aj pútnikov z Bratislavy, Nitry, Mokroluhu, Tarnova a Piešťan. Drahí bratia a sestry, uisťujem vás o mojej modlitbe za vás. Prijmite Apoštolské požehnanie, ktoré vďačne udeľujem všetkým vám i vašim drahým. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i partecipanti al Secondo pellegrinaggio dell’Ordinariato militare guidato dal loro Vescovo S.E. Mons. František Rábek, gli studenti del Ginnasio di S. Tommaso d’Aquino di Košice come pure i pellegrini provenienti da Bratislava, Nitra, Mokroluh, Tarnov e Piešťany. Cari fratelli e sorelle, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e volentieri imparto la Benedizione Apostolica a tutti voi ed ai vostri familiari. Sia lodato Gesù Cristo!][01329-AA.01] [Testo originale: Slovacco]

○ Saluto in lingua croataPozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a na poseban način vjernike župe Svetoga Petra i Pavla iz Mačkovca. Redovito pristupajući sakramentima Pomirenja i Euharistije, čuvajte svoje zajedništvo s Kristom i njegovom Crkvom. Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto i pellegrini croati, in modo speciale i fedeli della parrocchia di San Pietro e Paolo di Mačkovec. Ricevendo frequentemente i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, potrete custodire la vostra comunione con Cristo e con la sua Chiesa. Siano lodati Gesù e Maria!][01330-AA.01] [Testo originale: Croato]

○ Saluto in lingua italiana
Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, sono lieto di accogliere i sacerdoti dei Pontifici Collegi San Pietro e San Paolo, provenienti da vari Paesi, come pure i Legionari di Cristo, ed auguro a ciascuno un sereno e proficuo impegno di studio. Saluto poi i fedeli della parrocchia Santa Maria Assunta, in Gioia dei Marsi, i rappresentanti dell’Unione Consoli Onorari d’Italia e l’Associazione Ragazzi del Cielo-Ragazzi della terra. Auspico che da questa sosta presso le tombe degli Apostoli, tutti possano ricavare abbondanti frutti sia per la vita personale che per quella comunitaria.Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. L'esempio di carità di san Vincenzo de' Paoli, di cui domani faremo memoria, incoraggi voi, cari giovani, a progettare il vostro futuro come un generoso servizio al prossimo. Aiuti voi, cari malati, a trovare nella sofferenza il conforto di Cristo. E solleciti voi, cari sposi novelli, a conservare nella vostra famiglia una costante attenzione ai poveri.[01325-01.01] [Testo originale: Italiano]

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