venerdì 31 agosto 2007

Agorà dei giovani



Nella sessione di marzo 2006, il Consiglio Permanente della CEI ha approvato la proposta di un percorso nazionale di speciale attenzione al mondo giovanile articolato in tre anni: l’Agorà dei giovani italiani.Obiettivo dell’Agorà dei giovani italiani è favorire la realizzazione di tale percorso, promuovendo un nuovo slancio della pastorale giovanile, una sempre maggiore soggettività delle nuove generazioni nella missione della Chiesa ed un crescente coinvolgimento dei giovani nel cammino della Chiesa italiana.. Il valore della missionarietà costituisce, infatti, la dimensione fondamentale della vita e dell’azione di un cristiano e di una comunità.
IL CAMMINO DELL’AGORÀ DEI GIOVANI ITALIANI
Il primo anno pastorale 2006 / 2007è dedicato all’ascolto del mondo giovanile. Esso costituisce una prima dimensione della missione; obiettivo è infatti portare la Chiesa (le comunità, i giovani, i sacerdoti, gli operatori...) fuori dei propri spazi, per instaurare nuove relazioni con i giovani, sul terreno della speranza, desiderata, cercata e vissuta negli ambiti della vita quotidiana, utilizzando la griglia di lettura, di analisi e di proposta suggerita dal IV Convegno Ecclesiale di Verona: le relazioni affettive; l’esperienza della fragilità; l’impegno di cittadinanza; la dinamica studio/lavoro - festa; il rapporto con le altre generazioni.Il primo anno è orientato all’incontro nazionale di Loreto: in esso si raccoglie il cammino iniziato nel dopo-Verona, e viene dato impulso decisivo (sul piano delle motivazioni e dei contenuti) a quello ancora da compiere. Il tema, "Come io vi ho amato", collega il farsi incontro della Chiesa ai giovani al mistero del farsi incontro di Dio all’umanità, in Gesù Cristo. Lo Spirito di verità guida l’ascolto, rivelando la presenza di Cristo in mezzo ai giovani e conducendo la Chiesa a “discernere il ‘vero’ presente sotto le vesti del ‘nuovo’”.
L’anno pastorale 2007 / 2008è dedicato alla dimensione interpersonale dell’evangelizzazione. L’obiettivo è quello di proseguire la dinamica estroversa del primo anno, sia a livello di testimonianza e presenza quotidiana negli ambienti di vita, sia come iniziative straordinarie di missione. Il momento centrale del secondo anno è la GMG di Sydney 2008: essa offre ai giovani la possibilità di approfondire il senso del mandato missionario per la propria esistenza cristiana, in un contesto culturale e sociale estremamente stimolante. La partecipazione, fisica o “virtuale”, all’evento di Sydney è quindi un passaggio importante per tutti coloro che sono coinvolti nel cammino triennale.Il tema, "Mi sarete testimoni", evidenzia che missionarietà è parte costituiva dell’identità cristiana delle persone e delle comunità, chiamati a narrare l’esperienza gioiosa dell’incontro con il Risorto. La missione viene vissuta non come “proselitismo, che vuole ‘catturare’ i giovani per appropriarsene, ma come una gioiosa comunicazione della bellezza di una scoperta che si vuole condividere con tutti.
L’anno pastorale 2008/2009è dedicato alla dimensione culturale e sociale dell’evangelizzazione. Obiettivo è proseguire la dinamica estroversa, affrontando la questione di una testimonianza cristiana (personale, ma soprattutto comunitaria) esercitata sulle frontiere delle grandi questioni culturali e sociali. Tutto l’itinerario si conclude con un evento vissuto simultaneamente in ciascuna delle diocesi italiane, nelle piazze, nei santuari diocesani o in qualche “nuovo santuario” del nostro tempo (centri commerciali, stazioni, cinema, piazze, stadi, luoghi dell’emarginazione...). Il tema, "Fino ai confini della terra", sottolinea l’esigenza che l’annuncio del Vangelo si declini nei linguaggi e nelle culture dei giovani di oggi, spesso assai distanti da quelli delle precedenti generazioni



Il Papa a Loreto
Programma

Sabato, 1° settembre 2007
16.10
Partenza in elicottero dall’eliporto delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo per Loreto.
17.15
Arrivo al "Centro Giovanni Paolo II" in località Montorso di Loreto. Trasferimento in auto panoramica al palco sulla spianata di Montorso.
18.00
VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI nella Piana di Montorso. Il Santo Padre risponde alle domande dei Giovani e tiene il Suo Discorso.
21.15
Visita al Santuario Lauretano.
21.25
Momento di preghiera in privato nella Santa Casa.Collegamento TV con la Piana di Montorso, dove i Giovani seguono questo momento, che dà inizio alla loro veglia notturna. Preghiera del Santo Padre.
Domenica, 2 settembre 2007
09.30
CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA nella Piana di Montorso. Omelia del Santo Padre.RECITA DELL’ANGELUS DOMINI. Parole del Santo Padre.
16.30
Saluto al Comitato promotore, alla Delegazione Pontificia e alla Protezione Civile, sulla Loggia del Palazzo Apostolico di Loreto.
17.00
INCONTRO CON I FEDELI DI LORETO sul Sagrato del Santuario Lauretano. Parole del Santo Padre.
17.45
Partenza in elicottero dal "Centro Giovanni Paolo II" in località Montorso di Loreto.
18.45
Arrivo dall’eliporto delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo.

La Confessione


Il Signore Gesù Cristo, medico delle nostre anime e dei nostri corpi, colui che ha rimesso i peccati al paralitico e gli ha reso la salute del corpo, [Cf Mc 2,1-12 ] ha voluto che la sua Chiesa continui, nella forza dello Spirito Santo, la sua opera di guarigione e di salvezza, anche presso le proprie membra. E' lo scopo dei due sacramenti di guarigione: del sacramento della Penitenza "Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera". E' chiamato sacramento della conversione poiché realizza sacramentalmente l'appello di Gesù alla conversione, [Cf Mc 1,15 ] il cammino di ritorno al Padre [Cf Lc 15,18 ] da cui ci si è allontanati con il peccato.E' chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore.E' chiamato sacramento della confessione poiché l'accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. In un senso profondo esso è anche una "confessione", riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l'uomo peccatore.E' chiamato sacramento del perdono poiché, attraverso l'assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente "il perdono e la pace" [Rituale romano, Rito della penitenza, formula dell'assoluzione]. E' chiamato sacramento della Riconciliazione perché dona al peccatore l'amore di Dio che riconcilia: "Lasciatevi riconciliare con Dio" ( 2Cor 5,20 ). Colui che vive dell'amore misericordioso di Dio è pronto a rispondere all'invito del Signore: "Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello" ( Mt 5,24 ).Perché un sacramento della riconciliazione dopo il Battesimo? "Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!" ( 1Cor 6,11 ). Bisogna rendersi conto della grandezza del dono di Dio, che ci è fatto nei sacramenti dell'iniziazione cristiana, per capire fino a che punto il peccato è cosa non ammessa per colui che si è "rivestito di Cristo" ( Gal 3,27 ). L'Apostolo san Giovanni però afferma anche: "Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi" ( 1Gv 1,8 ). E il Signore stesso ci ha insegnato a pregare: "Perdonaci i nostri peccati" ( Lc 11,4 ), legando il mutuo perdono delle nostre offese al perdono che Dio accorderà alle nostre colpe.La conversione a Cristo, la nuova nascita dal Battesimo, il dono dello Spirito Santo, il Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti in nutrimento, ci hanno resi "santi e immacolati al suo cospetto" ( Ef 1,4 ), come la Chiesa stessa, sposa di Cristo, è "santa e immacolata" ( Ef 5,27 ) davanti a lui. Tuttavia, la vita nuova ricevuta nell'iniziazione cristiana non ha soppresso la fragilità e la debolezza della natura umana, né l'inclinazione al peccato che la tradizione chiama concupiscenza, la quale rimane nei battezzati perché sostengano le loro prove nel combattimento della vita cristiana, aiutati dalla grazia di Cristo [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1515]. Si tratta del combattimento della conversione in vista della santità e della vita eterna alla quale il Signore non cessa di chiamarci [Cf ibid., 1545; Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 40].La conversione dei battezzati Gesù chiama alla conversione. Questo appello è una componente essenziale dell'annuncio del Regno: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è ormai vicino; convertitevi e credete al Vangelo" ( Mc 1,15 ). Nella predicazione della Chiesa questo invito si rivolge dapprima a quanti non conoscono ancora Cristo e il suo Vangelo. Il Battesimo è quindi il luogo principale della prima e fondamentale conversione. E' mediante la fede nella Buona Novella e mediante il Battesimo [Cf At 2,38 ] che si rinuncia al male e si acquista la salvezza, cioè la remissione di tutti i peccati e il dono della vita nuova.Ora, l'appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che "comprende nel suo seno i peccatori" e che, "santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8]. Questo sforzo di conversione non è soltanto un'opera umana. E' il dinamismo del "cuore contrito" ( Sal 51,19 ) attirato e mosso dalla grazia [Cf Gv 6,44; Gv 12,32 ] a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo [Cf 1Gv 4,10 ].Lo testimonia la conversione di san Pietro dopo il triplice rinnegamento del suo Maestro. Lo sguardo d'infinita misericordia di Gesù provoca le lacrime del pentimento ( Lc 22,61 ) e, dopo la Risurrezione del Signore, la triplice confessione del suo amore per lui [Cf Gv 21,15-17 ]. La seconda conversione ha pure una dimensione comunitaria. Ciò appare nell'appello del Signore ad un'intera Chiesa: "Ravvediti!" ( Ap 2,5; 1429 Ap 2,16 ). A proposito delle due conversioni sant'Ambrogio dice che, nella Chiesa, "ci sono l'acqua e le lacrime: l'acqua del Battesimo e le lacrime della Penitenza" La penitenza interioreCome già nei profeti, l'appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, "il sacco e la cenere", i digiuni e le mortificazioni, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore. Senza di essa, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere; la conversione interiore spinge invece all'espressione di questo atteggiamento in segni visibili, gesti e opere di penitenza [Cf Gl 2,12-13; Is 1,16-17; Mt 6,1-6; 1430 Mt 6,16-18 ].La penitenza interiore è un radicale riorientamento di tutta la vita, un ritorno, una conversione a Dio con tutto il cuore, una rottura con il peccato, un'avversione per il male, insieme con la riprovazione nei confronti delle cattive azioni che abbiamo commesse. Nello stesso tempo, essa comporta il desiderio e la risoluzione di cambiare vita con la speranza della misericordia di Dio e la fiducia nell'aiuto della sua grazia. Questa conversione del cuore è accompagnata da un dolore e da una tristezza salutari, che i Padri hanno chiamato " animi cruciatus [afflizione dello spirito]", "compunctio cordis [contrizione del cuore]" [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1676-1678; 1705; Catechismo Romano, 2, 5, 4].Il cuore dell'uomo è pesante e indurito. Bisogna che Dio dia all'uomo un cuore nuovo [Cf Ez 36,26-27 ]. La conversione è anzitutto un'opera della grazia di Dio che fa ritornare a lui i nostri cuori: "Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo" ( Lam 5,21 ). Dio ci dona la forza di ricominciare. E' scoprendo la grandezza dell'amore di Dio che il nostro cuore viene scosso dall'orrore e dal peso del peccato e comincia a temere di offendere Dio con il peccato e di essere separato da lui. Il cuore umano si converte guardando a colui che è stato trafitto dai nostri peccati [Cf Gv 19,37; 1432 Zc 12,10 ].Teniamo fisso lo sguardo sul sangue di Cristo, e consideriamo quanto sia prezioso per Dio suo Padre; infatti, sparso per la nostra salvezza, offrì al mondo intero la grazia della conversione [San Clemente di Roma, Epistula ad Corinthios, 7, 4].Dopo la Pasqua, è lo Spirito Santo che convince "il mondo quanto al peccato" ( Gv 16,8-9 ), cioè al fatto che il mondo non ha creduto in colui che il Padre ha inviato. Ma questo stesso Spirito, che svela il peccato, è il Consolatore [Cf Gv 15,26 ] che dona al cuore dell'uomo la grazia del pentimento e della conversione [Cf At 2,36-38; cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et Vivificantem, 27-48].V. Le molteplici forme della penitenza nella vita cristiana La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l'elemosina , [Cf Tb 12,8; Mt 6,1-18 ] che esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, [Cf Gc 5,20 ] l'intercessione dei santi e la pratica della carità che "copre una moltitudine di peccati" ( 1Pt 4,8 ).La conversione si realizza nella vita quotidiana attraverso gesti di riconciliazione, attraverso la sollecitudine per i poveri, l'esercizio e la difesa della giustizia e del diritto, [Cf Am 5,24; 1435 Is 1,17 ] attraverso la confessione delle colpe ai fratelli, la correzione fraterna, la revisione di vita, l'esame di coscienza, la direzione spirituale, l'accettazione delle sofferenze, la perseveranza nella persecuzione a causa della giustizia. Prendere la propria croce, ogni giorno, e seguire Gesù è la via più sicura della penitenza [Cf Lc 9,23 ].Eucaristia e Penitenza. La conversione e la penitenza quotidiane trovano la loro sorgente e il loro alimento nell'Eucaristia, poiché in essa è reso presente il sacrificio di Cristo che ci ha riconciliati con Dio; per suo mezzo vengono nutriti e fortificati coloro che vivono della vita di Cristo; essa "è come l'antidoto con cui essere liberati dalle colpe di ogni giorno e preservati dai peccati mortali" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1638].La lettura della Sacra Scrittura, la preghiera della Liturgia delle Ore e del Padre Nostro, ogni atto sincero di culto o di pietà ravviva in noi lo spirito di conversione e di penitenza e contribuisce al perdono dei nostri peccati.I tempi e i giorni di penitenza nel corso dell'anno liturgico (il tempo della quaresima, ogni venerdì in memoria della morte del Signore) sono momenti forti della pratica penitenziale della Chiesa [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 109-110; Codice di Diritto Canonico, 1249-1253; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 880-883]. Questi tempi sono particolarmente adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, le privazioni volontarie come il digiuno e l'elemosina, la condivisione fraterna (opere caritative e missionarie).1439 Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta "del figlio prodigo" il cui centro è "il padre misericordioso" ( Lc 15,11-24 ): il fascino di una libertà illusoria, l'abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l'umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l'accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L'abito bello, l'anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell'uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell'amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l'abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza.Il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione Il peccato è anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui. Nello stesso tempo esso attenta alla comunione con la Chiesa. Per questo motivo la conversione arreca ad un tempo il perdono di Dio e la riconciliazione con la Chiesa, ciò che il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione esprime e realizza liturgicamente [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11].Dio solo perdona il peccatoDio solo perdona i peccati [Cf Mc 2,7 ]. Poiché Gesù è il Figlio di Dio, egli dice di se stesso: "Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati" ( Mc 2,10 ) ed esercita questo potere divino: "Ti sono rimessi i tuoi peccati!" ( Mc 2,5; Lc 7,48 ). Ancor di più: in virtù della sua autorità divina dona tale potere agli uomini [Cf Gv 20,21-23 ] affinché lo esercitino nel suo nome.Cristo ha voluto che la sua Chiesa sia tutta intera, nella sua preghiera, nella sua vita e nelle sue attività, il segno e lo strumento del perdono e della riconciliazione che egli ci ha acquistato a prezzo del suo sangue. Ha tuttavia affidato l'esercizio del potere di assolvere i peccati al ministero apostolico. A questo è affidato il "ministero della riconciliazione" ( 2Cor 5,18 ). L'apostolo è inviato "nel nome di Cristo", ed è Dio stesso che, per mezzo di lui, esorta e supplica: "Lasciatevi riconciliare con Dio" ( 2Cor 5,20 ).Riconciliazione con la ChiesaDurante la sua vita pubblica, Gesù non ha soltanto perdonato i peccati; ha pure manifestato l'effetto di questo perdono: egli ha reintegrato i peccatori perdonati nella comunità del Popolo di Dio, dalla quale il peccato li aveva allontanati o persino esclusi. Un segno chiaro di ciò è il fatto che Gesù ammette i peccatori alla sua tavola; più ancora, egli stesso siede alla loro mensa, gesto che esprime in modo sconvolgente il perdono di Dio [Cf Lc 15 ] e, nello stesso tempo, il ritorno in seno al Popolo di Dio [ Cf Lc 19,9 ].Rendendo gli Apostoli partecipi del suo proprio potere di perdonare i peccati, il Signore dà loro anche l'autorità di riconciliare i peccatori con la Chiesa. Tale dimensione ecclesiale del loro ministero trova la sua più chiara espressione nella solenne parola di Cristo a Simon Pietro: "A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" ( Mt 16,19 ). Questo "incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22].Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo nella vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio.Il sacramento del perdonoCristo ha istituito il sacramento della Penitenza per tutti i membri peccatori della sua Chiesa, in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave e hanno così perduto la grazia battesimale e inflitto una ferita alla comunione ecclesiale. A costoro il sacramento della Penitenza offre una nuova possibilità di convertirsi e di recuperare la grazia della giustificazione. I Padri della Chiesa presentano questo sacramento come "la seconda tavola [di salvezza] dopo il naufragio della grazia perduta" [Tertulliano, De paenitentia, 4, 2; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1542].Nel corso dei secoli la forma concreta, secondo la quale la Chiesa ha esercitato questo potere ricevuto dal Signore, ha subito molte variazioni. Durante i primi secoli, la riconciliazione dei cristiani che avevano commesso peccati particolarmente gravi dopo il loro Battesimo (per esempio l'idolatria, l'omicidio o l'adulterio), era legata ad una disciplina molto rigorosa, secondo la quale i penitenti dovevano fare pubblica penitenza per i loro peccati, spesso per lunghi anni, prima di ricevere la riconciliazione. A questo "ordine dei penitenti" (che riguardava soltanto certi peccati gravi) non si era ammessi che raramente e, in talune regioni, una sola volta durante la vita. Nel settimo secolo, ispirati dalla tradizione monastica d'Oriente, i missionari irlandesi portarono nell'Europa continentale la pratica "privata" della penitenza, che non esige il compimento pubblico e prolungato di opere di penitenza prima di ricevere la riconciliazione con la Chiesa. Il sacramento si attua ormai in una maniera più segreta tra il penitente e il sacerdote. Questa nuova pratica prevedeva la possibilità della reiterazione e apriva così la via ad una frequenza regolare di questo sacramento. Essa permetteva di integrare in una sola celebrazione sacramentale il perdono dei peccati gravi e dei peccati veniali. E' questa, a grandi linee, la forma di penitenza che la Chiesa pratica fino ai nostri giorni.Attraverso i cambiamenti che la disciplina e la celebrazione di questo sacramento hanno conosciuto nel corso dei secoli, si discerne la medesima struttura fondamentale. Essa comporta due elementi ugualmente essenziali: da una parte, gli atti dell'uomo che si converte sotto l'azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall'altra parte, l'azione di Dio attraverso l'intervento della Chiesa. La Chiesa che, mediante il vescovo e i suoi presbiteri, concede nel nome di Gesù Cristo il perdono dei peccati e stabilisce la modalità della soddisfazione, prega anche per il peccatore e fa penitenza con lui. Così il peccatore viene guarito e ristabilito nella comunione ecclesiale.La formula di assoluzione in uso nella Chiesa latina esprime gli elementi essenziali di questo sacramento: il Padre delle misericordie è la sorgente di ogni perdono. Egli realizza la riconciliazione dei peccatori mediante la Pasqua del suo Figlio e il dono del suo Spirito, attraverso la preghiera e il ministero della Chiesa:Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e Risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo [Rituale romano, Rito della penitenza, formula dell'assoluzione].Gli atti del penitente 1450 "La penitenza induce il peccatore a sopportare di buon animo ogni sofferenza; nel suo cuore vi sia la contrizione, nella sua bocca la confessione, nelle sue opere tutta l'umiltà e la feconda soddisfazione" [Catechismo Romano, 2, 5, 21; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1673].La contrizioneTra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è "il dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1676].Quando proviene dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta "perfetta" (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale [Cf Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1677].La contrizione detta "imperfetta" (o "attrizione") è, anch'essa, un dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo. Nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore (contrizione da timore). Quando la coscienza viene così scossa, può aver inizio un'evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l'azione della grazia, dall'assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1677].E' bene prepararsi a ricevere questo sacramento con un esame di coscienza fatto alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti a questo scopo sono da cercarsi nel Decalogo e nella catechesi morale dei Vangeli e delle lettere degli Apostoli: il Discorso della montagna, gli insegnamenti apostolici [Cf Rm 12-15; 1Cor 12-13; 1454 Gal 5; Ef 4-6 ].La confessione dei peccatiLa confessione dei peccati (l'accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l'accusa, l'uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: "E' necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo, [ Cf Es 20,17; Mt 5,28 ] perché spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi": [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680]I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. "Se infatti l'ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680; cf San Girolamo, Commentarii in Ecclesiasten, 10, 11: PL 23, 1096].Secondo il precetto della Chiesa, "ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell'anno" [Codice di Diritto Canonico, 989; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1683; 1708]. Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l'assoluzione sacramentale, [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1647; 1661] a meno che non abbia un motivo grave per comunicarsi e non gli sia possibile accedere a un confessore [Cf Codice di Diritto Canonico, 916; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 711]. I fanciulli devono accostarsi al sacramento della Penitenza prima di ricevere per la prima volta la Santa Comunione [Cf Codice di Diritto Canonico, 914].Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680; Codice di Diritto Canonico, 988, 2]. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui: [Cf Lc 6,36 ]Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d'accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L'uomo e il peccatore sono due cose distinte: l'uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce [Sant'Agostino, In Evangelium Johannis tractatus, 12, 13].La soddisfazioneMolti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L'assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1712]. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve "soddisfare" in maniera adeguata o "espiare" i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche "penitenza".La penitenza che il confessore impone deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un'offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati [Cf Rm 3,25; 1460 1Gv 2,1-2 ] una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare i coeredi di Cristo risorto, dal momento che "partecipiamo alle sue sofferenze" ( Rm 8,17 ): [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1690]Ma questa soddisfazione, che compiamo per i nostri peccati, non è talmente nostra da non esistere per mezzo di Gesù Cristo: noi, infatti, che non possiamo nulla da noi stessi, col suo aiuto possiamo tutto in lui che ci dà la forza [Cf Fil 4,13 ]. Quindi l'uomo non ha di che gloriarsi; ma ogni nostro vanto è riposto in Cristo in cui. .. offriamo soddisfazione, facendo "opere degne della conversione" ( Lc 3,8 ), che da lui traggono il loro valore, da lui sono offerte al Padre e grazie a lui sono accettate dal Padre [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1691].Il ministro di questo sacramento Poiché Cristo ha affidato ai suoi Apostoli il ministero della riconciliazione, [Cf Gv 20,23; 1461 2Cor 5,18 ] i vescovi, loro successori, e i presbiteri, collaboratori dei vescovi, continuano ad esercitare questo ministero. Infatti sono i vescovi e i presbiteri che hanno, in virtù del sacramento dell'Ordine, il potere di perdonare tutti i peccati "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".1462 Il perdono dei peccati riconcilia con Dio ma anche con la Chiesa. Il vescovo, capo visibile della Chiesa particolare, è dunque considerato a buon diritto, sin dai tempi antichi, come colui che principalmente ha il potere e il ministero della riconciliazione: è il moderatore della disciplina penitenziale [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 26]. I presbiteri, suoi collaboratori, esercitano tale potere nella misura in cui ne hanno ricevuto l'ufficio sia dal proprio vescovo (o da un superiore religioso), sia dal Papa, in base al diritto della Chiesa [Cf Codice di Diritto Canonico, 844; 967-969; 972; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 722, 3-4].Alcuni peccati particolarmente gravi sono colpiti dalla scomunica, la pena ecclesiastica più severa, che impedisce di ricevere i sacramenti e di compiere determinati atti ecclesiastici, e la cui assoluzione, di conseguenza, non può essere accordata, secondo il diritto della Chiesa, che dal Papa, dal vescovo del luogo o da presbiteri da loro autorizzati [Cf Codice di Diritto Canonico, 1331; 1354-1357; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 1431; 1434; 1420]. In caso di pericolo di morte, ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ascoltare le confessioni, può assolvere da qualsiasi peccato [Cf Codice di Diritto Canonico, 976; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 725] e da qualsiasi scomunica.I sacerdoti devono incoraggiare i fedeli ad accostarsi al sacramento della Penitenza e devono mostrarsi disponibili a celebrare questo sacramento ogni volta che i cristiani ne facciano ragionevole richiesta [Cf Codice di Diritto Canonico, 986; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 735; Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 13].Celebrando il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del Buon Pastore che cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del giusto Giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore.Il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di Dio. Il ministro di questo sacramento deve unirsi "all'intenzione e alla carità di Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 13]. Deve avere una provata conoscenza del comportamento cristiano, l'esperienza delle realtà umane, il rispetto e la delicatezza nei confronti di colui che è caduto; deve amare la verità, essere fedele al magistero della Chiesa e condurre con pazienza il penitente verso la guarigione e la piena maturità. Deve pregare e fare penitenza per lui, affidandolo alla misericordia del Signore.Data la delicatezza e la grandezza di questo ministero e il rispetto dovuto alle persone, la Chiesa dichiara che ogni sacerdote che ascolta le confessioni è obbligato, sotto pene molto severe, a mantenere un segreto assoluto riguardo ai peccati che i suoi penitenti gli hanno confessato [Cf Codice di Diritto Canonico, 1388, 1; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 1456]. Non gli è lecito parlare neppure di quanto viene a conoscere, attraverso la confessione, della vita dei penitenti. Questo segreto, che non ammette eccezioni, si chiama il "sigillo sacramentale", poiché ciò che il penitente ha manifestato al sacerdote rimane "sigillato" dal sacramento.Gli effetti di questo sacramento "Tutto il valore della penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia" [Catechismo Romano, 2, 5, 18]. Il fine e l'effetto di questo sacramento sono dunque la riconciliazione con Dio. In coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguono "la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1674]. Infatti, il sacramento della riconciliazione con Dio opera una autentica "risurrezione spirituale", restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l'amicizia di Dio [Cf Lc 15,32 ].Questo sacramento ci riconcilia con la Chiesa. Il peccato incrina o infrange la comunione fraterna. Il sacramento della Penitenza la ripara o la restaura. In questo senso, non guarisce soltanto colui che viene ristabilito nella comunione ecclesiale, ma ha pure un effetto vivificante sulla vita della Chiesa che ha sofferto a causa del peccato di uno dei suoi membri [Cf 1Cor 12,26 ]. Ristabilito o rinsaldato nella comunione dei santi, il peccatore viene fortificato dallo scambio dei beni spirituali tra tutte le membra vive del Corpo di Cristo, siano esse esse ancora nella condizione di pellegrini o siano siano già nella patria celeste [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48-50].Bisogna aggiungere che tale riconciliazione con Dio ha come conseguenza, per così dire, altre riconciliazioni, che rimediano ad altrettante rotture, causate dal peccato: il penitente perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo offesi e lesi; si riconcilia con la Chiesa, si riconcilia con tutto il creato [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 31].In questo sacramento, il peccatore, rimettendosi al giudizio misericordioso di Dio, anticipa in un certo modo il giudizio al quale sarà sottoposto al termine di questa vita terrena. E' infatti ora, in questa vita, che ci è offerta la possibilità di scegliere tra la vita e la morte, ed è soltanto attraverso il cammino della conversione che possiamo entrare nel Regno, dal quale il peccato grave esclude [Cf 1Cor 5,11; Gal 5,19-21; Ap 22,15 ]. Convertendosi a Cristo mediante la penitenza e la fede, il peccatore passa dalla morte alla vita "e non va incontro al giudizio" ( Gv 5,24 ).


Tratto da http://www.crismon.it/ forum di discussione cattolica




BUONA MEDITAZIONE"!
FATIMA 1907-FATIMA 2007 (90 ANNI)

IL MIO CUORE IMMACOLATO TRIONFERà

Prima Parte

Fatima e i tre Pastorelli

I° Apparizzione





Fatima, situata nella diocesia di Leiria ha nei suoi dintorni una serie fi monumenti che fanno di essa, la storia vivente del Portogallo. Fanno da scenario le nude colline punteggiate di lecci. In questo scenario apparve la Vergine Maria, venute a portare parole dal cielo ricche di misericordia e di speranza.
La Prima Guerra Mondiale, si estendeva per quasi tutto il mondo.
Domenica 13 Maggio 1917, giorno che avrebbe cambiato l'intera umanità. Tre pastorelli, umili e poveri, Lucia de Jesus di anni 10, Francesco e Giacinta Marto rispettivamente di 9 e 7 anni.
Dopo aver partecipato al precetto domenicale nella Chiesa di Aljustrel decidono di andare alla Cova di Iria dove il padre di Lucia possedeva qualche tenuta. Trascorrono le loro ore giocando, consumando qualcosa di sostanzioso quando d'un tratto videro qualcosa nel cielo il bagliore di un lampo. Spaventati i tre Pastorelli decidono di andare via. Ad un tratto un secondo lampo, preannunziava la venuta di " una bella Signore, vestita tutta di bianco, più brillante del sole, che spargeva una luce più chiara ed intensa di quella di un bicchiere di cristallo colmo di acqua limpida, attraversato dai raggi del sole più cocenti." (1)
Le mani erano giunte in preghiera e dalla mano destra pendeva un rosario di perle con una crocetta argentata. Aveva al collo come ornamento una collana d'oro con un ciondolo a forma di sfera. (2)


Allora nostra Signora ci disse:
-Non abbiate paura, Io non vi farò del male.
- Di dov' è Vostra Signoria?- Le domandai
- Sono del cielo.
- E che cosa vuole da me, Vostra Signoria?
- Sono venuta a chiedervi che veniate qui per sei mesi, il giorno 13 a questa medesima ora. Poi vi dirò chi sono e cosa voglio. Dopo ritornerò qui una settima volta.
- E anch'io vado al cielo?
- Si, ci andrai.
- E Giacinta?
- Anche Lei.
- e Francesco?
- Anche Lui, ma deve recitare tanti Rosari.
Mi ricordai allora di domadare di due ragazze che erano morte da poco tempo. Erano mie amiche e frequantavano la mia casa per imparare a tessere da mia sorella maggiore.
- Maria das Neves è già in cielo?
- Si, c'è.
- E Amelia?
- Starà in Purgatorio sino alla fine del mondo. Volete offrirvi a Dio e sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi come atto di riparazione per i peccati dei quali Egli è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori?
-Sì lo vogliamo.
- Andate dunque, dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto.
Fu nel pronunciare queste parole che Ella aprì per la prima volta le mani, trasmettendoci una luce tanto intensa come un riflesso che si effondeva da Lei e che ci penetrava nel petto e nel più intimo dell'anima, facendoci vedere noi stessi in Dio che era quella luce, più chiaramente di ciò che vediamo nei migliori degli specchi. Allora,a causa di un impulso interiore, anch'esso comunicatoci, cademmo in ginocchio e ripetemmo nel nostro intimo: O santissima Trinità io Ti adoro. Dio mio, Dio mio, io Ti amo nel Santissimo Sacramento!
Trascorsi i primi momenti Nostra Signore aggiunse: preghiamo il rosario tutti i giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra. Poi cominciò ad alzarsi serenamente salendo in direzione di levante fino a scomparire nell'immensità dlla lontananza. La luce La circondava, pareva le aprisse un cammino attraverso le stelle, motivo per cui quella volta diciamo che vedemmo aprirsi il cielo". (3)




(1) Cfr Antero de Figueiredo, op. Cit., pp 23-24; Don Luis Gonzaga Ayres de Fonseca, SJ, La Madonna di Fatima, Vozes, Petropolis, Brasile, 5° ed., 1954, p.22


(2) Suor Lucia, Memorie e Lettere, Depositaria: L.E., Porto, 1973,p.331; Don Ayres de Fonseca SJ, op.cit., pp 23-24; cfr. William Thomas Ealsh, Notre Dame de Fatima, Amiot-Dumont, PAris, 1954, pp.61; Antero de Figuereido, op. cit., p.26

(3) Suor Lucia, op.cit., pp 331 e 333












1 Settembre

La Chiesa celebra:

La MADONNA DELLE LACRIME


Il 21 Marzo 1953, sabato, ebbi la gioia di benedire, con cuore di Padre, nella nostra Chiesa Parrocchiale del Pantheon, le nozze di due semplici creature: Angelo Iannuso di Vincenzo e Antonina Lucia Giusto di Eduardo. Gli sposi avevano progettato di celebrare le nozze in Dicembre del 1952, durante l'Ottavario della Festa di S. Lucia, nella Basilica del Sepolcro. Per un lutto di famiglia la data del matrimonio fu trasferita e si rimase così nella Parrocchia della sposa. Assai gradito ai giovani sposi fu il regalo di un quadretto da capezzale raffigurante il Cuore Immacolato di Maria: dono di nozze di una loro cognata, che l'aveva acquistato per L.3.500 presso l'Emporio di Salvatore Floresta al Corso Umberto I n. 28 in Siracusa.
Sotto lo sguardo della Mamma del Cielo ha inizio in Via degli Orti di S. Giorgio n. 11, la vita della nuova famigliola sostentata da un duro lavoro quotidiano, ben presto confortata dalla speranza di avere una creaturina, frutto di un sincero amore. Ma si presentava intanto per Antonina una gravidanza difficile, tanto che talvolta le offuscava la vista. Nella notte che va dal 28 Agosto al 29 Agosto Antonietta si sentì tanto male... Verso le 3 perdette completamente la vista; fino alle ore 8,30 circa non ci vedeva affatto. Durante uno degli attacchi convulsivi ritrovò la vista. Non credeva a se stessa. Aprendo gli occhi, intanto, vide che la Madonna del suo capezzale piangeva. Emozione, timore, gioia... Facile pensare come la notizia si sparse nel vicinato fino a diffondersi in tutto il rione e poi in tutta la città. Era vero... la Madonna di Antonietta piangeva, versava dagli occhi lacrime vere. In quella mattinata del sabato 29 Agosto 1953 la Madonnina (è questo il nome che il popolo subito ha gridato) ha versato lacrime sei o sette volte. La folla premeva in quella povera casetta, tutti volevano vedere. Fu chiamata la Polizia: questa dovette constatare che la Madonna piangeva veramente. Si dispose così un severo servizio d'ordine al comando del Dott. Nicolò Samperisi, Commissario dirigente l'Ufficio di P. S. nella cui giurisdizione era posta Via degli Orti, validamente coadiuvato dal Brigadiere Umberto Ferrigno. Facile pensare come in tutto il rione del Pantheon si parlasse animatamente di un fatto così straordinario. C'era chi gridava al miracolo, ma c'era anche chi non credeva, prospettando la possibilità di un trucco balordo... Molti mi chiedevano se io fossi andato a vedere. Ma, a dire il vero, non me la sentivo di fare la parte del curioso. Ma intanto verso sera del 30 si presentano davanti al cancelletto della mia Casa Canonica due uomini di età matura (li ho davanti agli occhi, ma non so individuarli) che con linguaggio serio e persuasivo mi invitano ad andare in Via degli Orti n. 11 perché la Madonna veramente piangeva. Mi dicono: «Padre, la Madonna piange... venga. Che ne pensa Lei?».
Nella mattinata di lunedì, prima di Messa, vengono in sagrestia del Pantheon due bambine che con affabilità mi dicono che la Madonna piange e poi, con insistenza, soggiungono: «Vada, Padre Bruno, vada, la Madonna piange davvero, noi l'abbiamo vista». Non volli lasciarle deluse e promisi che sarei andato. Nel pomeriggio dello stesso lunedì 31 Agosto Mons. Giuseppe Cannarella, Cancelliere della Curia Arcivescovile di Siracusa, viene nell'Ufficio Parrocchiale del Pantheon per trattare in merito ad una pratica di matrimonio. Siamo seduti l'uno di fronte all'altro nelle due classiche poltrone. Il discorso cade sugli avvenimenti del giorno. Dico al pio Monsignore che da più parti si chiede un giudizio dell'Autorità Ecclesiastica. - Bisogna essere molto prudenti, mi dice Monsignore. Al che rispettosamente replico: «Prudenti si, ma fino a quando?». Mons. Cannarella resta pensoso e poi mi dice: - Cosa potremmo fare? Suggerisco timidamente la opportunità di provvedere ad un esame del liquido che sgorgava dal quadretto.
Decidiamo così di andare subito al Laboratorio di Igiene e Profilassi della Provincia, al Foro Siracusano, per chiedere una eventuale analisi delle lacrime. In Ufficio si teneva orario straordinario e fu quindi possibile incontrarci con il Dott. Francesco Cotzia, al quale esponemmo la nostra richiesta. Il Dott. Cotzia si dichiarò disponibile e volle interessare il collega Dott. Michele Cassola. Questi si dimostrò piuttosto scettico, ma sinceramente interessato a vederci chiaro per amore di verità. Si concordò così per l'indomani mattina una visita in casa di Via degli Orti 11 con il proposito di accertare quanto si asseriva in merito alla lacrimazione del quadretto e quindi procedere ad un sufficiente prelievo del liquido (per mezzo di adatte pipette) per sottoporlo ad un rigoroso esame scientifico. Mons. Cannarella, dopo questo colloquio, si sentì come sollevato da un peso e mi disse queste testuali parole: «Parroco, disponi tu nel modo più opportuno e segui di presenza minutamente gli eventi. Io riferirò a Mons. Arcivescovo. Tu intanto informa, perché sia presente domani all'arrivo della Commissione in Via degli Orti, il Parroco di S. Lucia al Sepolcro Padre Arcangelo Signorino O.F.M., competente per territorio».
Mi premurai di parlare con il Capo di Gabinetto del Questore per informarlo della composizione della Commissione scientifica e della decisione di procedere l'indomani all'esame del liquido. Lo pregai pertanto di disporre di non fare togliere da nessuno il quadro dal luogo dove veniva conservato la notte, se prima non arrivasse in casa lannuso la Commissione da me guidata. La Questura informò il Commissario di P. S. Dott. Samperisi e tutto fu fedelmente eseguito. Mons. Giuseppe Cannarella, essendo Cancelliere della Curia Arcivescovile di Siracusa, in quel periodo era l'unica Autorità Ecclesiastica in sede, poichè l'Arcivescovo Mons. Ettore Baranzini si trovava presso la Villa S. Metodio, Seminario di villeggiatura in Canicattini Bagni. Consapevole della delicatezza del compito affidatomi dalla fiducia di Mons. Cannarella, credetti opportuno invitare a far parte della Commissione un tecnico dotato di scrupolose qualità, l'Ing. Luigi D'Urso. Questi aderì ben volentieri. La Commissione, guidata dal Parroco Giuseppe Bruno, veniva così formata dai Dottori Francesco Cotzia, Michele Cassola e Ingegnere Luigi D'Urso. Punto di incontro per recarci insieme in Via degli Orti fu scelto lo stesso Ufficio Provinciale di Igiene in Foro Siracusano. Mentre stavamo per scendere le scale del detto Ufficio ci è venuto incontro il Dott. Roberto Bertin, che era chimico della Squibb in servizio a Siracusa. Meravigliato per il nostro gruppetto, ce ne chiese il motivo e mi pregò di volerlo accogliere tra noi. Io lo accettai prontamente perché era un chimico ed era quindi utile per il nostro compito. Bertin fu così aggregato alla Commissione. Giunti in Via degli Orti il servizio di Polizia ci aprì un varco in mezzo alla folla assiepata, ma, arrivati davanti alla porta di casa Iannuso, non ci volevano fare entrare; la Signora Antonietta era troppo seccata e stanca. Non valsero neppure le insistenze del Dott. Samperisi. Ma appena la Giusto mi vide in quel gruppetto fu presa da una gioia serena, ricordandosi che io avevo benedetto il suo matrimonio.
Mi invitò ad entrare e vedere la foto-ricordo della cerimonia di nozze. Io replicai: «O tutti o nessuno!». Si convinse e così potemmo entrare. Il Parroco Signorino, che era stato da me invitato a nome di Mons. Cannarella, era venuto con un taccuino in mano, ma ben presto si congedò dicendomi: «Mi faccia sapere qualche cosa». Nella camera da letto, i materassi erano ripiegati, trovammo il Ten. Col. Giovanni Grasso, Comandante il Presidio Militare di Siracusa, il Ten. Col. Carmelo Romano, un gruppetto di Agenti dell'ordine e qualche altra persona. Fu aperto il cassetto, dove il quadro era deposto, coperto da una tovaglietta bianca; ma quanta fu l'emozione nel constatare che gli occhi erano coperti di liquido! L'immagine fu accuratamente asciugata con cotone e poggiata sul materasso. Volemmo restare in attesa che il fenomeno si manifestasse dinanzi a noi. Venne pure il Dott. Mario Marletta, anche lui funzionario dell'Ufficio Provinciale di Sanità. Non sto a descrivere i sentimenti di commozione e di timore insieme che invasero il nostro cuore quando dopo le ore 11 l'immagine cominciò a manifestare gli occhi gonfi di lacrime come persona presa da forte emozione, e poi scendere giù delle lacrime che, rigando il volto delicato, andavano a raccogliersi nel cavo della mano. Purtroppo alcuni presenti riuscirono ad assorbire qualche lacrima con del cotone, ma i chimici con la loro pipetta poterono assicurarsi una parte del liquido. Io, sebbene avessi portato con me del cotone, non osai toccare minimamente neanche una goccia di quelle lacrime perché sentivo la grave responsabilità di assicurare alla indagine scientifica un fenomeno che già interessava tanta parte del mondo. Da quel momento in cui i chimici poterono raccogliere almeno una parte delle lacrime sgorgate in loro presenza la Madonna non ha pianto più. Segno... che lascia pensare. È da notare che l'Ing. D'Urso volle smontare l'immagine di gesso dalla lastra di supporto e al cospetto di tutti si poté constatare che il gesso era perfettamente asciutto. I chimici, recatisi di urgenza presso il Laboratorio Provinciale di Igiene, dettero inizio subito all'analisi delle lacrime della Madonna di gesso, analisi meticolosa che si protrasse nei giorni 1 e 2 Settembre con la mia attenta presenza. Ed ecco una prima relazione giurata, stilata in data 9 Settembre 1953, cui seguì in pari data una relazione analitica del liquido sgorgato dagli occhi della Madonnina di Via degli Orti n. 11 a Siracusa.
«Il giorno 1 settembre 1953, alle ore 11, per incarico del Cancelliere della Curia Arcivescovile di Siracusa Mons. Giuseppe Cannarella, ci siamo recati in via degli Orti n. 11, abitazione della signora Giusto Antonietta, per constatare il presunto fenomeno della fuoruscita di liquido da una immagine di Madonna. Con l'aiuto degli agenti di P. S., che ci hanno fatto passare tra la numerosa folla stazionante davanti la casa, siamo entrati in una camera da letto che riceve luce da una finestra prospiciente in via Carso, dove la detta signora, a nostro invito, ha aperto un cassetto chiuso a chiave, in fondo al quale coperta da un tovagliolo, era riposta una immagine della Madonna apparentemente di maiolica colorata su vetro nero. Detta immagine era già evidentemente bagnata in più posti della faccia e del busto, che sono stati accuratamente asciugati con cotone. E rimasta così una sola goccia, all 'angolo interno dell 'occhio sinistro che è stata prelevata con una pipetta di 1/10 di cm.3. Successivamente altre gocce sono sgorgate dallo stesso posto e sono state ancora raccolte. Mentre si riponeva il contenuto in un tubo di vetro, altre lacrime sono scese dall 'occhio e si sono raccolte sull 'incavo formato dalla mano sorreggente il cuore, dove sono state pure prelevate. Non è stato possibile durante il prelevamento impedire che parte delle lacrime fossero asciugate dagli astanti. In tutto è stato portato in Laboratorio poco più di un cm3 di liquido. Il fenomeno, durato circa quindici minuti, da quando l'effige è stata messa fuori dal cassetto, non si è più ripetuto e non è stato possibile quindi di avere altro materiale per l'esame. «È da notare che l'esame con lenti di ingrandimento degli angoli interni degli occhi non ha fatto rilevare nessun poro o irregolarità della superficie dello smalto. La parte di apparente maiolica dell'effigie è stata staccata dal vetro nero di supporto e si è potuto notare che la immagine è costituita da uno spessore di gesso vario da 1 a 2 centimetri circa, verniciato a colori vari all 'esterno e grezzo all 'interno, dove mostra una superficie irregolare bianca che al momento dell'esame si mostrava completamente asciutta. «Firmano quali membri della Commissione incaricata: Dott. Michele Cassola, Dott. Francesco Cotzia, Dott. Ing. Luigi D 'Urso, Parroco Rev. Giuseppe Bruno. «Erano presenti pure: il Commissario di P.S5. dott. Samperisi Nicolò, il prof Greco Pasqualino da Floridia, il dott. Bertin Roberto, Chimico, il brigadiere di P. S. Ferrigno Umberto, il Ten. Col. Giovanni Grasso, Comandante il Presidio militare di Siracusa ed il Ten. Col. Carmelo Romano, ufficiale superiore del Presidio». «I primi quattro firmatari tanto attestano, prestando giuramento, sui SS. Vangeli, di dire tutta la verità e soltanto la verità». «In fede Siracusa, 9 settembre 1953. Parroco Giuseppe Bruno».



VISITA PASTORALEDI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVIA LORETO IN OCCASIONE DELL’AGORÀ DEI GIOVANI ITALIANI

PREGHIERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Maria, Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù e conosci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore. Stella del mattino, parlaci di Lui e raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede.
Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti, la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta e fa fiorire la Parola in scelte di vera libertà.
Maria, parlaci di Gesù, perché la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra, come Tu hai fatto visitando Elisabetta che nella sua vecchiaia ha gioito con te per il dono della vita.
Maria, Vergine del Magnificat,aiutaci a portare la gioia nel mondo e, come a Cana, spingi ogni giovane, impegnato nel servizio ai fratelli, a fare solo quello che Gesù dirà.
Maria, poni il tuo sguardo sull'Agorà dei giovani, perché sia il terreno fecondo della Chiesa italiana. Prega perché Gesù, morto e risorto, rinasca in noi e ci trasformi in una notte piena di luce, piena di Lui.
Maria, Madonna di Loreto, porta del cielo,aiutaci a levare in alto lo sguardo. Vogliamo vedere Gesù. Parlare con Lui. Annunciare a tutti il Suo amore.
BENEDICTUS PP. XVI

l'Udienza del Mercoledì di Benedetto XVI


BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San PietroMercoledì, 29 agosto 2007


San Gregorio di Nissa
Cari fratelli e sorelle!
Nelle ultime catechesi ho parlato di due grandi Dottori della Chiesa del IV secolo, Basilio e Gregorio Nazianzeno, Vescovo in Cappadocia, nell'attuale Turchia. Oggi ne aggiungiamo un terzo, il fratello di Basilio, San Gregorio di Nissa, che si è mostrato uomo di un carattere meditativo, con grandi capacità di riflessione, e di una vivace intelligenza, aperta alla cultura del suo tempo. Si è rivelato così un pensatore originale e profondo nella storia del cristianesimo.
Nacque intorno al 335; la sua formazione cristiana fu curata particolarmente dal fratello Basilio – da lui definito «padre e maestro» (Ep. 13,4: SC 363,198) – e dalla sorella Macrina. Compì gli studi, apprezzando particolarmente la filosofia e la retorica. In un primo tempo si dedicò all'insegnamento e si sposò. Poi anch'egli, come il fratello e la sorella, si dedicò interamente alla vita ascetica. Più tardi venne eletto Vescovo di Nissa, e si dimostrò pastore zelante, così da attirarsi la stima della comunità. Accusato di malversazioni economiche dagli avversari eretici, dovette per breve tempo abbandonare la sua sede episcopale, ma poi vi rientrò trionfalmente (cfr Ep. 6: SC 363,164-170), e continuò ad impegnarsi nella lotta per difendere la vera fede.
Soprattutto dopo la morte di Basilio, quasi raccogliendone l'eredità spirituale, cooperò al trionfo dell'ortodossia. Partecipò a vari sinodi; cercò di dirimere i contrasti tra le Chiese; prese parte attiva alla riorganizzazione ecclesiastica e, come «colonna dell'ortodossia», fu un protagonista del Concilio di Costantinopoli del 381, che definì la divinità dello Spirito Santo. Ebbe vari incarichi ufficiali da parte dell'imperatore Teodosio, pronunciò importanti omelie e discorsi funebri, si dedicò a comporre varie opere teologiche. Nel 394 partecipò ancora a un sinodo tenutosi a Costantinopoli. Non è conosciuta la data della sua morte.
Gregorio esprime con chiarezza la finalità dei suoi studi, lo scopo supremo a cui mira nel suo lavoro di teologo: non impiegare la vita in cose vane, ma trovare la luce che consenta di discernere ciò che è veramente utile (cfr In Ecclesiasten hom. 1: SC 416,106-146). Trovò questo bene supremo, nel cristianesimo, grazie al quale è possibile «l’imitazione della natura divina» (De professione christiana: PG 46, 244C). Con la sua acuta intelligenza e le sue vaste conoscenze filosofiche e teologiche, egli difese la fede cristiana contro gli eretici, che negavano la divinità del Figlio e dello Spirito Santo (come Eunomio e i macedoniani), o compromettevano la perfetta umanità di Cristo (come Apollinare). Commentò la Sacra Scrittura, soffermandosi sulla creazione dell'uomo. Questo era per lui un tema centrale: la creazione. Egli vedeva nella creatura il riflesso del Creatore e trovava qui la strada verso Dio. Ma egli scrisse anche un importante libro sulla vita di Mosè, che presenta come uomo in cammino verso Dio: questa salita verso il Monte Sinai diventa per lui un'immagine della nostra salita nella vita umana verso la vera vita, verso l'incontro con Dio. Egli ha interpretato anche la preghiera del Signore, il Padre Nostro, e le Beatitudini. Nel suo “Grande discorso catechetico” (Oratio catechetica magna) espose le linee fondamentali della teologia, non per una teologia accademica chiusa in se stessa, ma per offrire ai catechisti un sistema di riferimento da tener presente nelle loro istruzioni, quasi il quadro nel quale si muove poi l'interpretazione pedagogica della fede.
Gregorio, inoltre, è insigne per la sua dottrina spirituale. Tutta la sua teologia non era una riflessione accademica, ma espressione di una vita spirituale, di una vita di fede vissuta. Da grande "padre della mistica" prospettò in vari trattati – come il De professione christiana e il De perfectione christiana – il cammino che i cristiani devono intraprendere per raggiungere la vera vita, la perfezione. Esaltò la verginità consacrata (De virginitate), e ne propose un modello insigne nella vita della sorella Macrina, che è rimasta per lui sempre una guida, un esempio (cfr Vita Macrinae). Tenne vari discorsi e omelie, e scrisse numerose lettere. Commentando la creazione dell'uomo, Gregorio mette in evidenza che Dio, «il migliore degli artisti, forgia la nostra natura in maniera da renderla adatta all'esercizio della regalità. Attraverso la superiorità stabilita dall'anima, e per mezzo della stessa conformazione del corpo, Egli dispone le cose in modo che l'uomo sia realmente idoneo al potere regale» (De hominis opificio 4: PG 44,136B). Ma vediamo come l'uomo, nella rete dei peccati, spesso abusi della creazione, non eserciti una vera regalità. Per questo, infatti, per realizzare cioè una vera responsabilità verso le creature, deve essere penetrato da Dio e vivere nella sua luce. L'uomo, infatti, è un riflesso di quella bellezza originaria che è Dio: «Tutto quanto Dio creò era ottimo», scrive il santo Vescovo. E aggiunge: «Lo testimonia il racconto della creazione (cfr Gn 1,31). Fra le cose ottime c'era anche l'uomo, ornato di una bellezza di gran lunga superiore a tutte le cose belle. Che cos'altro, infatti, poteva essere bello, al pari di chi era simile alla bellezza pura e incorruttibile?... Riflesso e immagine della vita eterna, egli era bello davvero, anzi bellissimo, con il segno raggiante della vita sul suo volto» (Homilia in Canticum 12: PG 44,1020C).
L'uomo è stato onorato da Dio e posto al di sopra di ogni altra creatura: «Non il cielo è stato fatto a immagine di Dio, non la luna, non il sole, non la bellezza delle stelle, nessun’altra delle cose che appaiono nella creazione. Solo tu (anima umana) sei stata resa immagine della natura che sovrasta ogni intelletto, somiglianza della bellezza incorruttibile, impronta della vera divinità, ricettacolo della vita beata, immagine della vera luce, guardando la quale tu diventi quello che Egli è, perché per mezzo del raggio riflesso proveniente dalla tua purezza tu imiti Colui che brilla in te. Nessuna cosa che esiste è così grande da essere commisurata alla tua grandezza» (Homilia in Canticum 2: PG 44,805D). Meditiamo questo elogio dell'uomo. Vediamo anche come l'uomo sia degradato dal peccato. E cerchiamo di ritornare alla grandezza originaria: solo se Dio è presente, l'uomo arriva a questa sua vera grandezza.
L'uomo, dunque, riconosce dentro di sé il riflesso della luce divina: purificando il suo cuore, egli ritorna ad essere, come era al principio, una limpida immagine di Dio, Bellezza esemplare (cfr Oratio catechetica 6: SC 453,174). Così l’uomo, purificandosi, può vedere Dio, come i puri di cuore (cfr Mt 5,8): «Se, con un tenore di vita diligente e attento, laverai le brutture che si sono depositate sul tuo cuore, risplenderà in te la divina bellezza... Contemplando te stesso, vedrai in te colui che è il desiderio del tuo cuore, e sarai beato» (De beatitudinibus, 6: PG 44,1272AB). Quindi, lavare le brutture che si sono depositate sul nostro cuore e ritrovare in noi stessi la luce di Dio.
L'uomo ha dunque come fine la contemplazione di Dio. Solo in essa potrà trovare il suo appagamento. Per anticipare in qualche misura tale obiettivo già in questa vita, egli deve progredire incessantemente verso una vita spirituale, una vita in dialogo con Dio. In altre parole – ed è questa la lezione più importante che san Gregorio Nisseno ci consegna – la piena realizzazione dell’uomo consiste nella santità, in una vita vissuta nell'incontro con Dio, che così diventa luminosa anche per gli altri, anche per il mondo.
Saluti:
Je souhaite la bienvenue aux pèlerins de langue française, et je salue particulièrement les membres du groupe œcuménique, catholique et orthodoxe, venus d’Athènes, ainsi que les jeunes de Tarse-Mersin, en Turquie. A la suite de saint Grégoire, je vous invite tous à vous faire serviteurs de ce qu’il y a de beau et de noble dans le cœur de l’homme, pour qu’il puisse contempler Dieu. Avec ma Bénédiction apostolique.
I offer a warm welcome to all the English-speaking visitors and pilgrims present at today’s audience, including participants in the Summer University program sponsored by the European Union of Jewish Students, as well as pilgrims from Sweden and from Indonesia. Upon all of you, I invoke God’s abundant blessings of peace and joy.
Sehr herzlich heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Besonders grüße ich die Bürgermeister aus dem Landkreis Altötting sowie die Seminaristen aus dem Bistum 's-Hertogenbosch in den Niederlanden gemeinsam mit ihrem Bischof. Gregor von Nyssa erinnert uns an unsere Berufung zur Heiligkeit. Bemühen wir uns täglich neu um ein Leben im Einklang mit Gott. Dazu schenkke der Herr uns seine Gnade.
Saludo cordialmente a los visitantes de lengua española. En particular, a las Siervas de María Ministras de los Enfermos, así como a los distintos grupos y parroquias venidos de España, El Salvador, México, y de otros países latinoamericanos. Os animo a que íntimamente unidos a Cristo en la Eucaristía y viviendo con espíritu de caridad, recorráis con alegría el camino que lleva a la santidad. ¡Que Dios os bendiga!
Saúdo cordialmente quantos me ouvem de língua portuguesa: em particular ao grupo de portugueses da Paróquia de Nossa Senhora do Carmo de Lisboa. Sejam todos bem-vindos! Grato pela vossa presença, desejo-vos todo o bem; e que Roma vos confirme na fé e nos propósitos de vida e de testemunho cristão. É o que imploro para todos, por Nossa Senhora, com a Bênção Apostólica.
Saluto in lingua ceca:
Srdečně zdravím poutníky z královéhradecké diecéze! Drazí, přeji vám, aby vaše dovolená i tato pouť přispěly nejen ke zdraví těla, ale i duše. K tomu vám rád žehnám! Chvála Kristu!
Traduzione italiana:
Un cordiale benvenuto ai pellegrini della Diocesi di Hradec Králové. Carissimi, auguro a voi tutti che questo pellegrinaggio, come anche le vostre ferie, giovino non solo alla salute del corpo, ma anche a quella dell'anima. Con questi voti, volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!
Saluto in lingua croata:
Srdačno pozdravljam i blagoslivljam sve hrvatske hodočasnike, a posebno sjemeništarce te učenike i nastavnike klasičnih gimnazija iz Splita, Sinja i Zagreba. Gospodin Isus, koji je pozvao apostole da budu s njim te ih poslao naviještati Radosnu vijest, pratio vas na vašemu putu te i vas učinio svojim uvjerljivim svjedocima. Hvaljen Isus i Marija!
Traduzione italiana:
Di cuore saluto e benedico i pellegrini croati, particolarmente i seminaristi e gli alunni ed insegnanti dei licei classici di Split, Sinj e Zagreb. Il Signore Gesù, che ha chiamato gli apostoli ad essere con lui e li ha inviati ad annunciare il Lieto messaggio, vi accompagni sulla vostra via e anche di voi faccia dei suoi testimoni convincenti. Siano lodati Gesù e Maria!
Saluto in lingua polacca:
Pozdrawiam Polaków, a szczególnie pielgrzymów z Diecezji Radomskiej, przybyłych z okazji piętnastolecia jej istnienia. Cieszę się, że przed pięciu laty mogłem odwiedzić wasze miasto i konsekrować waszego biskupa Zygmunta. Chętnie błogosławię korony, którymi zostanie ozdobiony obraz Matki Bożej Bolesnej w Kałkowie. Jej opiece polecam was i wszystkich tu obecnych. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!
Traduzione italiana:
Saluto i polacchi, e in modo particolare i pellegrini dalla Diocesi di Radom, che sono giunti in occasione del quindicesimo anniversario della sua creazione. Sono lieto che cinque anni fa ho potuto far visita alla vostra città e consacrare il vostro vescovo Zygmunt. Volentieri benedico le corone con le quali verrà decorata l’effige della Madonna Addolorata a Kałków. Alla Sua protezione affido voi e tutti i presenti. Sia lodato Gesù Cristo!
Saluto in lingua slovacca:
S láskou vítam slovenských pútnikov z Považskej Teplej, Košíc a Vrútok. Bratia a sestry, prajem vám, aby vaša púť do Ríma bola pre každého z vás posilou vo viere. Zo srdca žehnám vás i vašich drahých vo vlasti. Pochválený buď Ježiš Kristus!
Traduzione italiana:
Con affetto do un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Považská Teplá, Košice e Vrútky. Fratelli e sorelle, auguro che il vostro pellegrinaggio a Roma sia per ciascuno un sostegno nella fede. Di cuore benedico voi ed i vostri cari in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!
Saluto in lingua ungherese:
Isten hozott Benneteket, kedves magyar zarándokok! Kívánom kedves Mindannyiotoknak, hogy e zarándoklat az örök városban elmélyítse egységetek az egyházzal, mely az apostolfejedelmekre épült. Szeretettel adom Rátok apostoli áldásomat. Dicsértessék a Jézus Krisztus!
Traduzione italiana:
Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi. Carissimi, vi auguro che il vostro pellegrinaggio nella città eterna approfondisca il vostro legame con la Chiesa fondata sui principi degli apostoli. Di cuore imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!
* * *
Rivolgo ora una parola di cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli delle varie Parrocchie, accompagnati dai propri parroci ed auguro che questo incontro rinsaldi ciascuno nella fedeltà a Cristo e nella generosa testimonianza cristiana. Saluto poi la Delegazione della Repubblica di San Marino, qui convenuta in occasione del
25° anniversario della visita del mio amato predecessore Giovanni Paolo II a quella terra. Cari amici, il ricordo di un evento così significativo possa suscitare in voi rinnovata adesione a Dio, sorgente di luce, di speranza e di pace.
Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L'eroico esempio di San Giovanni Battista, di cui celebriamo oggi il martirio, solleciti voi, cari giovani, a progettare il vostro futuro in piena fedeltà al Vangelo. Aiuti voi, cari ammalati, ad affrontare la sofferenza con coraggio, trovando in Cristo crocifisso serenità e conforto. Conduca voi, cari sposi novelli, a un amore profondo verso Dio e tra di voi, per sperimentare ogni giorno la consolante gioia che scaturisce dal dono reciproco di sé.
APPELLO
In questi giorni, alcune regioni geografiche sono devastate da gravi calamità: mi riferisco alle inondazioni in alcuni Paesi orientali, come pure ai disastrosi incendi in Grecia, in Italia e in altre Nazioni europee. Davanti a così drammatiche emergenze, che hanno causato numerose vittime e ingenti danni materiali, non si può non essere preoccupati per l'irresponsabile comportamento di taluni che mettono a rischio l'incolumità delle persone e distruggono il patrimonio ambientale, bene prezioso dell'intera umanità. Mi unisco a quanti giustamente stigmatizzano tali azioni criminose e invito tutti a pregare per le vittime di queste tragedie.

© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana

mons.Marcel Lefebre


Marcel Lefèbvre (Tourcoing, 29 novembre 1905 - Martigny, 25 marzo 1991) è stato un arcivescovo cattolico francese, in seguito scismatico e fondatore di un movimento tradizionalista, con una propria gerarchia ecclesiastica, ed oppositore delle riforme del Concilio Vaticano II, in particolar modo dell'accantonamento della Messa di rito tridentino (e della conseguente adozione di un Messale Riformato che ha permesso di celebrare la Messa in lingua volgare piuttosto che in latino) e della Dottrina della Libertà Religiosa elaborata dal Concilio.Sacerdote dal 1929, membro della Congregazione dello Spirito Santo dal 1932, vescovo dal 1947 e arcivescovo dal 1948, fu vicario apostolico (1947-55) e primo arcivescovo (1955-62) di Dakar, delegato per le missioni dell’Africa francese (1948-59), vescovo di Tulle (1962), superiore generale (1962-1968) della Congregazione dello Spirito Santo e fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X (1970). Sospeso a divinis dal 1976 e scomunicato dal 30 giugno 1988.La famiglia Lefèbvre a partire dal 1738 ha dato alla Chiesa una cinquantina dei suoi figli, tra i quali un cardinale, diversi vescovi, numerosi sacerdoti, religiose e religiosi, fra i quali il famoso liturgista benedettino Dom Gaspar Lefèbvre. I genitori di Marcel Lefèbvre ebbero otto figli, dei quali cinque divennero sacerdoti o religiose. Marcel Lefèbvre entrò al Seminario francese a Roma e, dopo aver regolarmente svolto il servizio militare, si laureò in filosofia ed in teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Il 21 settembre 1929 divenne sacerdote.Dopo un breve periodo come vicario in una parrocchia operaia di Lille, entrò nella congregazione missionaria dei padri dello Spirito Santo e partì per il Gabon nell'ottobre 1932. Iniziava così un rapporto tra Monsignor Lefèbvre e l'Africa che durò intenso per trent'anni, fino al 1962, Appena giunto in Africa il Padre Marcel fu nominato Professore di Dogma e di Sacra Scrittura al Gran Seminario di Libreville che raggruppava tutti i seminaristi dell'Africa equatoriale Francese.Nel 1934 assunse la direzione del Seminario.Tra il 1933 ed il 1947 la popolazione cattolica del Gabon più che triplicò; il paese divenne il più cristiano dell'Africa francofona, il secondo di tutto il continente. Nel 1945 Padre Marcel fu richiamato in Francia per assumere la direzione del seminario dei padri dello Spirito Santo a Mortain,Nel settembre 1947, a 42 anni, Mons. Lefèbvre fu consacrato vescovo e nominato Vicario Apostolico del Senegal.Un anno dopo viene nominato delegato apostolico per tutta l'Africa francese: è così il rappresentante della S. Sede in 18 paesi africani, nei quali vi sono 45 giurisdizioni ecclesiastiche, 2 milioni di cattolici, 1.400 preti e 2.400 religiose.Nel 1955 diverrà il primo arcivescovo di Dakar, quando in Senegal verrà istituita la gerarchia locale. Resterà delegato apostolico fino al 1959 ed arcivescovo di Dakar fino al 1962.In 11 anni di lavoro come Delegato apostolico le diocesi passarono da 44 a 65. A Dakar raddoppiò il numero dei cattolici e le chiese da tre divennero 13.Ritornato in Francia Lefèbvre fu messo a capo della piccola diocesi di Tulle dove rimase per pochi mesi. Come superiore generale dei Padri dello Spirito Santo Lefèbvre parteciperà al Concilio Vaticano II dopo aver fatto parte nel 1962 della sua Commissione preparatoria, chiamatovi da Giovanni XXIII, che l'aveva anche nominato Assistente al Soglio Pontificio, in segno di particolare benevolenza. Durante il Concilio assunse un atteggiamento fortemente critico nei confronti del rinnovamento liturgico, della collegialità episcopale, dell’ecumenismo e della libertà religiosa.Allo scopo di mantenere viva la tradizione liturgica di San Pio V e più in generale la tradizione della Chiesa, aveva fondato nel 1970 la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), con un proprio seminario (ad Ecône, in Svizzera, fondato il 7 ottobre 1970).Fin dal 1972 i Vescovi francesi bollarono Econe come "seminario selvaggio" e brigarono per ottenerne la chiusura per la formazione e la mentalità ostile al Concilio Vaticano II e per alcune irregolarità formali nelle ordinazioni (ad Ecône confluivano molti seminaristi da diverse diocesi senza l'approvazione dei propri vescovi). Il 19 marzo 1975 Lefèbvre dichiarò che non si sarebbe mai separato dalla Chiesa, ma ciò non fu sufficiente a ridurre l'ostilità di parte delle gerarchie svizzere e francesi. Dopo le inchieste e lunghe procedure ecclesiastiche abituali Mons. Pierre Mamie, arcivescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, in stretto accordo con la conferenza episcopale svizzera e il Vaticano ritirò il riconoscimento canonico e ordinò la chiusura del seminario di Ecône (1975). Lefèbvre rifiutò di accettare questa disposizione e disattese la proibizione di ordinare nuovi sacerdoti e di aprire nuove case. Mons. Nestor Adam vescovo di Sion (Vallese), che fu tra i fautori di questa condanna, si alienò una parte considerevole dei fedeli della sua diocesi. Tuttavia, anche se venne lanciata l'interdizione contro Mons. Lefebvre, questi conserverà il potere di ordinare un prete, in modo valido anche se non perfettamente legittimo. Nel luglio 1976 venne sospeso a divinis da papa Paolo VI (cioè gli fu imposto il divieto di celebrare i sacramenti). La “Messa proibita” che egli celebrò a Lille nell’agosto 1976 davanti a 10.000 fedeli ottenne, grazie ai 400 giornalisti presenti, una risonanza enorme. Pur avendo avuto un incontro con Paolo VI nel settembre 1976, rifiutò di sottomettervisi.Negli anni successivi, quantunque continuasse le ordinazioni sacerdotali permanendo nella condizione di disobbedienza, ci furono diversi tentativi di dialogo da parte della Santa Sede. Con Papa Giovanni Paolo II, che ricevette Lefèbvre in udienza privata già nel novembre 1978, i rapporti migliorarono e si riaprì il dialogo con Roma. Nel 1983 Lefèbvre lasciò la guida della FSSPX, rimanendone tuttavia l'indiscusso capo carismatico.Un più risoluto tentativo di riconciliazione tra la Santa Sede e Lefèbvre fu compiuto nel 1988 in seguito a una visita apostolica del cardinale E. Gagnon alla FSSPX (novembre-dicembre 1987). Poco dopo (8 aprile 1988) una lettera di papa Giovanni Paolo II al cardinale Ratzinger prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, tracciava le linee di una proposta che permettesse alla FSSPX di ottenere una collocazione regolare nella Chiesa, in piena comunione con la Sede Apostolica. Su questa base ebbero luogo diversi incontri tra due apposite delegazioni, fino a raggiungere l’accordo su un protocollo firmato il 5 maggio 1988.Il 5 maggio 1988 Lefèbvre ed il cardinale Ratzinger firmano un protocollo d'intesa per l'utilizzo dei libri liturgici approvati nel 1962 (gli ultimi che il movimento lefebvriano considera validi, poiché precedenti la riforma liturgica), per la costituzione della FSSPX in società di vita apostolica con particolari diritti e prerogative e possibilmente guidata da un vescovo. Il protocollo comprendeva una dichiarazione di ordine dottrinale e il progetto di un dispositivo giuridico nonché di misure destinate a regolare la situazione canonica della FSSPX e delle persone a essa collegate, e ipotizzava la creazione di una commissione vaticana per coordinare i rapporti con i dicasteri della Curia romana e con i vescovi diocesani, come pure per risolvere i futuri problemi. In tale documento, Lefèbvre, a nome suo e della FSSPX, promette obbedienza alla Chiesa e al Papa, dichiara di non voler più discutere il Vaticano II in termini polemici, accetta in particolare la sezione 25 della Lumen Gentium sul magistero pontificio, riconosce la validità dei nuovi riti della Messa.Il giorno dopo Lefèbvre ritratterà, affermando di essere caduto in trappola e di non potersi astenere dall'ordinare un vescovo il 29 giugno successivo allo scopo di garantire un suo successore alla Fraternità.Per evitare che Lefèbvre proceda con l'atto scismatico il 24 maggio 1988 papa Giovanni Paolo II gli concede l'autorizzazione di ordinare un vescovo "alla prossima solennità mariana" (nel caso specifico si trattava del 15 agosto, solennità dell'Assunzione della Vergine Maria) ma Lefèbvre risponde per iscritto che ha bisogno di non uno ma tre vescovi, e che intende ugualmente consacrarli il 29 giugno. Il cardinale Ratzinger gli risponde che permanendo questo atteggiamento di disobbedienza, il permesso di consacrare un vescovo il 15 agosto sarebbe stato ritirato.Lefèbvre, ritornato in Svizzera, aveva messo in discussione il protocollo, insistendo, tra l'altro, sulla necessità di ordinare vescovi tre sacerdoti della Fraternità entro il 30 giugno 1988 e chiedendo inoltre di avere la maggioranza dei membri della istituenda commissione romana. Di fronte al rifiuto di Roma, ferma sulla concessione di un solo vescovo e sull'equilibrio prestabilito per la commissione, e di fronte all'invito a rimettersi in piena obbedienza alle decisioni del Papa, Lefèbvre, in una lettera del 2 giugno, esprimeva l’opinione che il momento di una collaborazione franca e efficace non era ancora giunto e dichiarava di voler procedere alle ordinazioni episcopali anche senza mandato pontificio.Lefebvre aveva mandato a monte il paziente lavoro del cardinale Ratzinger perché alla fine non si era fidato delle assicurazioni dei suoi interlocutori, soprattutto per quanto riguardava la consacrazione di un suo successore. Spiega padre Emmanuel du Chalard, collaboratore di Lefèbvre in quei giorni: "Il cardinale Edouard Gagnon aveva condotto una visita apostolica a Ecône e aveva fatto intendere che non erano stati trovati dei sacerdoti con profilo episcopale. Monsignor Lefèbvre temeva che il cardinale Ratzinger avrebbe chiesto consiglio al cardinal Gagnon e dunque che, non trovando il profilo episcopale all'interno della Fraternità San Pio X, il nuovo successore sarebbe stato cercato fuori". Qualche tempo dopo, in un’intervista, Lefebvre raccontò di aver firmato l’accordo perché «non volevo si dicesse che non stavo ai patti», salvo ripensarci il giorno dopo. È probabile che a ispirare di forzare la mano fosse stata, all’epoca, l’ala più dura della Fraternità, quella stessa che oggi fa capo al vescovo Richard Williamson, uno dei quattro ordinati quel 30 giugno 1988 da Lefèbvre.Il 9 giugno il Papa chiede ancora una volta di non procedere con tale «atto scismatico». Il 15 giugno 1988 Lefèbvre annuncia in una conferenza stampa i nomi dei sacerdoti che intende ordinare vescovi, ritenendo che la Chiesa si trovasse in un grave stato di necessità, per la sopravvivenza del sacerdozio e della Messa tradizionale.Nonostante un'ammonizione formale (17 giugno), il 30 giugno 1988 Lefebvre ordinava quattro vescovi (uno in più di quanto aveva annunciato in precedenza) e compiva così un atto scismatico (a norma del canone 751 del Codex iuris canonici), avendo egli apertamente rifiutato la sottomissione al Pontefice e la comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti. Di conseguenza sia Lefèbvre, sia i vescovi da lui consacrati incorrevano ipso facto (cioè con lo stesso porre in essere l'atto) nella scomunica latae sententiae ("sentenza già data", ovvero vi si incorre per lo stesso fatto di porre il gesto) il cui scioglimento è riservato alla Sede Apostolica.La sua scomunica da parte della chiesa fu formalizzata il 30 giugno, a firma del cardinale Bernardin Gantin. Subito dopo, il 2 luglio 1988, Giovanni Paolo II, con il motu proprio Ecclesia Dei Afflicta (popolarmente conosciuto solo come "Ecclesia Dei"), dichiara il proprio dolore per l'infelice conclusione della questione, parlando esplicitamente di «disobbedienza al Romano Pontefice in materia gravissima e di capitale importanza per l'unità della Chiesa» e di «atto scismatico» che ha per conseguenza diretta la «scomunica». Tale atto scismatico è dovuto, secondo il Papa, ad un'«incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione».La formalizzazione della scomunica riguardò solo i due vescovi consacranti (Marcel Lefèbvre e Antonio de Castro Mayer, quest'ultimo in via "presuntiva") ed i quattro vescovi appena consacrati (Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta: a norma del Codice di Diritto Canonico la loro consacrazione è "valida" anche se "illecita", e sono pertanto vescovi anche se ancora non riconosciuti dal Papa come appartenenti alla Chiesa cattolica).Lefèbvre morì di cancro nel 1991, è fatto controverso se in punto di morte gli sia stata revocata la scomunica dal Nunzio apostolico in Svizzera. Anche se, al suo funerale, come è possibile vedere dalla documentazione fotografica e filmata di esso, tutti i preti presenti, compresi il Vescovo del luogo, il segretario del cardinale Hyacinthe Thiandoum, il cardinale Silvio Oddi ed il Nunzio apostolico in Svizzera, benedirono la salma.Lefèbvre è sepolto nel seminario di Ecône.


tratto da http://www.crismon.it/ forum di discussione religiosa


autore: Io


Il Santo Rosario



Il Santo Rosario


Spesso senza rendercene conto recitiamo il Rosario senza conoscerlo e senza meditarlo. Questa forma di preghiera diviene allora meccanica che per il Buon Cristiano deve essere abolita e deve lasciare spazio al rapporto personalissimo dell'uomo con Dio.cos'è il Rosario, o meglio com'è nato? Correva l'anno del Signore 1214. La regione meridionale della Francia, Linguadoca, era devastata da una terribile eresia: quelladegli albigesi. la Terra nobile francese era divenuta campo di battaglia tra albigesi e cristiani.in quei giorni per chiedere aiuto da Dio, San Domenico penetrò in una foresta vicino Tolosa ( capitale di Linguadoca) e trascorse giorni e notti in preghiera e penitenza. Per la penitenza arrivò anche a flagellarsi e sfinito arrivò a terra quand'ecco che gli apparve la Vergine Santissima, vestita di gloria e di una incommensurabile bellezza.La Madonna stesa gli ordinò la recita assidua epia del : " Salterio Angelico" ovvero del Santo Rosario.Alcuni anni dopo la morte di San Domenico questa pia pratica si stava perdendo.uno dei suoi figli spirituali il B. Deano de la Roche riuscì a farala ripristinare.Toccò al Grande Santo mariano, Luigi Amria Grignon de Montfort intensificare questa preghiera con il suo scritto : " Il Segreto ammirevole del Santo Rosario.Il Rosario e la ChiesaLa Chiesa ha sempre incoraggiato la preghiera del rosario nel suo magisteri grazie alla cura dei Sommi Pontefici.Alcuni come Leone XIII, Giovanni XXIII e Paolo Vi nella sua bellissima Marialis Cultus, hanno semper portato avanti questa ricca preghiera.spicca come Rosa nel giardino della Chiesa, il Grande Giovanni Paolo II, Papa mariano per eccellenza che sempre ha tenuta alta la bandiera del Rosario e quindi di Maria.Tra le sue opere magisteriali spicca la " Rosarium Virginis Mariae", opera scritta per l'anno del Rosario, 2002-2003.Il Papa definisce il Rosario preghiera per la pace e preghiera per la famiglia. Lui afferma giustamente che per ottenere la pace e la pace nelle famiglie c'è bisognoo del Rosario. Infatti chi prega resta unito.Andando avanti con La R.V.M. il Papa ci insegna che pregando, amando, lodando Maria si arriva a Cristo.Ad Jesus per Mariam."Mai come nel Rosario la via di Cristo e di Maria appaiono così congiunte. Maria non vive che in Cristo e in funzione di Cristo." ( Rosarium Virginis Mariae, 15)Grazie a Papa Woytila, ispirato dallo Spirito, possimao ora meditare anche i misteri della lce, oltre a quelli della gioia, del dolore e della gloria.Essi non sono altro che i misteri del ministero di gesù su questa terra, le tappe salienti del suo mandato qui in mezzo agli uomini.Papa Benedetto XVI afferma nel CCC che il Rosario è il compendio del Vangelo. ( CCC n° 198)cari amici, in questa discussione vorrei che noi tutti meditassimo e rispondendo dassimo un aiuto a coloro che ancora non conoscono il Rosario e non conoscendo il Rosario non conoscono Maria.Un Abbraccio e Buona meditazione.

Antonio- PIUSXII


tratto da http://www.crismon.it/ Forum di discussione cristiana..

Autore: Io

insieme con Cristo...


Insieme con Cristo..

Ciao amici,

come sapete questo è il mio primo post e con questo post voglio in sintesi dire le funzionalità che avrà questo blog...

innanzitutto come leggete dal nome sarà portatore di Gesù in tutti i nostri fratelli, e se sarà necessario porterà una parola di sollievo per coloro che ne hanno bisogno.

Come altro bon impegno questo blog, sarà portatore della Parola del PApa, del suo Magistero, al Servizio della Chiesa e del Mondo. Aiutato dai vostri commenti vi abbraccio tutti in Cristo e in Maria assicuro la mia preghiera per coloro che la necessitano.

pax et bonum

Antonio_PIUSXII