venerdì 5 ottobre 2007

La Parola del Papa

DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE
Castel Gandolfo Lunedì, 1° ottobre 2007


Cari fratelli e sorelle,
con questo incontro si chiude, anche quest’anno, il mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo, che voi avete contribuito a rendere proficuo e tranquillo. Questa visita di congedo mi offre pertanto l’opportunità di esprimere a ciascuno di voi la mia viva riconoscenza per il vostro lavoro e per la dedizione con cui lo svolgete. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare dal dottor Saverio Petrillo, Direttore Generale delle Ville Pontificie, e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha indirizzato a nome vostro.
In questi mesi ho potuto, ancora una volta, sperimentare l’efficienza e la generosità dei vostri servizi. Il Signore, fonte di ogni bene, vi ricompensi per lo spirito di sacrificio con cui quotidianamente li svolgete. Con generoso impegno voi apportate un significativo contributo al ministero del Successore di Pietro; un contributo spesso nascosto, ma sempre utile. Continuate ad operare con spirito di fede, perché le vostre attività diventino una testimonianza di amore e di fedeltà a Cristo, che chiama tutti i suoi discepoli a seguirlo, realizzando ciascuno la propria specifica vocazione nella Chiesa e nel mondo.
A tutti voi un cordiale “arrivederci”. Vi assicuro che continuerò a pregare perché Iddio protegga voi e i vostri cari, ed anche voi, cari amici, accompagnatemi sempre con il vostro orante ricordo. In modo speciale quest’oggi, festa degli Angeli Custodi, vi affido all’amorevole protezione di questi spiriti celesti, che il Signore ha posto al nostro fianco. Siano essi a guidarvi e ad accompagnarvi sulla via del bene. Vi ringrazio nuovamente di tutto, e formulo per ognuno di voi voti di vita serena ed operosa. Con tali sentimenti, imparto di cuore a voi qui presenti, come pure alle vostre famiglie, la Benedizione Apostolica, segno della mia costante benevolenza.

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DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A S.E. IL SIGNOR ANTONIO ZANARDI LANDI,AMBASCIATORE D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE
Giovedì, 4 ottobre 2007


Signor Ambasciatore!
Accolgo volentieri le Lettere con le quali il Presidente della Repubblica Italiana La accredita quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. In questa felice circostanza, resa ancora più significativa dalla ricorrenza festiva di san Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, sono lieto di porgerLe il mio cordiale benvenuto. Come Ella ha rilevato, stretti vincoli di cooperazione caratterizzano i rapporti tra la Santa Sede e la Nazione italiana. Innumerevoli sono, al riguardo, le manifestazioni; basti far cenno alla corale testimonianza di accoglienza, di sostegno spirituale e di amicizia che gli Italiani riservano al Sommo Pontefice negli incontri e nelle sue visite a Roma e in altre città della Penisola. In questa vicinanza si esprime concretamente quel particolare legame che da tempo unisce l’Italia al Successore dell’apostolo Pietro, il quale ha la sua sede proprio nell’ambito di questo Paese, non senza un misterioso e provvidenziale disegno di Dio.
Signor Ambasciatore, desidero ringraziarLa per avermi recato il saluto del Signor Presidente della Repubblica, al quale sono grato per i deferenti sentimenti che in diverse circostanze ha avuto modo di esprimermi. Ricambio il suo saluto, unendo l’augurio che il Popolo italiano, fedele ai principi che ne hanno ispirato il cammino nel passato, sappia anche in questo tempo, segnato da vasti e profondi mutamenti, continuare ad avanzare sulla via dell’autentico progresso. L’Italia potrà così offrire alla Comunità internazionale un prezioso contributo, promuovendo quei valori umani e cristiani, che costituiscono un irrinunciabile patrimonio ideale e che hanno dato vita alla sua cultura e alla sua storia civile e religiosa. Da parte sua la Chiesa cattolica non cesserà di offrire alla società civile, come già in passato, il suo apporto specifico, promuovendo ed elevando quello che di vero, buono e bello si trova in essa, illuminando tutti i settori dell’attività umana con i mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia con il bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni.
In tal modo si realizza, infatti, quel principio enunciato dal Concilio Vaticano II, secondo cui “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane” (
Gaudium et Spes, 76). Tale principio, che è autorevolmente presentato anche dalla Costituzione della Repubblica Italiana (cfr art. 7), fonda le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato Italiano, come ribadito anche nell’Accordo che nel 1984 ha apportato modifiche al Concordato Lateranense. In esso vengono così riaffermate sia l’indipendenza e la sovranità dello Stato e della Chiesa, sia la reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e del bene dell’intera comunità nazionale. Nel perseguire tale obbiettivo, la Chiesa non si propone mire di potere, né pretende privilegi o aspira a posizioni di vantaggio economico e sociale. Suo solo scopo è servire l’uomo, ispirandosi, come norma suprema di condotta, alle parole e all’esempio di Gesù Cristo che “passò beneficando e risanando tutti” (At 10,38). Pertanto, la Chiesa cattolica chiede di essere considerata per la sua specifica natura e di poter svolgere liberamente la sua peculiare missione per il bene non solo dei propri fedeli, ma di tutti gli Italiani.
Proprio per questo, come ebbi ad affermare lo scorso anno in occasione del
Convegno ecclesiale di Verona, “la Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico”. Ed aggiungevo che “la fede cristiana purifica la ragione e l’aiuta ad essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui c’è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle” (Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 2 [2006], p. 475). Formulo di cuore l’auspicio che la collaborazione tra tutte le componenti della stimata Nazione che Ella rappresenta, contribuisca non solo a custodire gelosamente l’eredità culturale e spirituale che la contraddistingue e che fa parte integrante della sua storia, ma sia ancor più stimolo a ricercare vie nuove per affrontare in modo adeguato le grandi sfide che contrassegnano l’epoca post-moderna. Tra queste, mi limito a citare la difesa della vita dell’uomo in ogni sua fase, la tutela di tutti i diritti della persona e della famiglia, la costruzione di un mondo solidale, il rispetto del creato, il dialogo interculturale e interreligioso.
Al riguardo, Ella, Signor Ambasciatore, ha voluto già sottolineare come l’armonia dei rapporti tra Stato e Chiesa abbia permesso il conseguimento di importanti obbiettivi nel promuovere un umanesimo integrale. Certamente, molto resta da fare, e il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che cadrà nel prossimo anno, potrà costituire un’utile occasione per l’Italia di offrire il proprio apporto alla creazione, in campo internazionale, di un giusto ordine al cui centro ci sia sempre il rispetto per l’uomo, per la sua dignità e per i suoi inalienabili diritti. A questo facevo riferimento nel
Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno dicendo: “A tale Dichiarazione si guarda come ad una sorta di impegno morale assunto dall’umanità intera. Ciò ha una sua profonda verità soprattutto se i diritti descritti nella Dichiarazione sono considerati come aventi fondamento non semplicemente nella decisione dell’assemblea che li ha approvati, ma nella natura stessa dell’uomo e nella sua inalienabile dignità di persona creata da Dio”. Notavo poi che “è importante che gli Organismi internazionali non perdano di vista il fondamento naturale dei diritti dell’uomo. Ciò li sottrarrà al rischio, purtroppo sempre latente, di scivolare verso una loro interpretazione solo positivistica. Se ciò accadesse, gli Organismi internazionali risulterebbero carenti dell’autorevolezza necessaria per svolgere il ruolo di difensori dei diritti fondamentali della persona umana e dei popoli, principale giustificazione del loro stesso esistere ed operare” (n. 13). L’Italia, in virtù della sua recente elezione quale membro del Consiglio per i Diritti Umani e ancor più per la sua peculiare tradizione di umanità e generosità, non può non sentirsi impegnata in un’opera infaticabile di costruzione della pace e di difesa della dignità della persona umana e di tutti i suoi inalienabili diritti, compreso quello della libertà religiosa.
Signor Ambasciatore, concludendo queste mie riflessioni, vorrei assicurarLe la stima ed il sostegno mio e dei miei collaboratori, perché Ella possa portare a felice compimento l’alta missione che Le è stata affidata. Invoco, a tale fine, la celeste intercessione del Poverello di Assisi, di santa Caterina da Siena e specialmente la materna protezione di Maria “Castellana d’Italia”, mentre sono lieto di impartire a Lei, alla Sua famiglia e all’amato Popolo italiano una speciale Benedizione Apostolica.

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DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE
Sala dei Papi Venerdì, 5 ottobre 2007


Signor Cardinale,venerati Fratelli nell’Episcopato,illustri Professori e cari Collaboratori,
è con particolare piacere che vi accolgo al termine dei lavori della vostra annuale Sessione Plenaria. Desidero innanzitutto esprimere un sentito ringraziamento per le parole di omaggio che, a nome di tutti Ella, Signor Cardinale, in qualità di Presidente della Commissione Teologica Internazionale, ha voluto rivolgermi nel suo indirizzo di saluto. I lavori di questo settimo “quinquennio” della Commissione Teologica Internazionale, come Lei Signor Cardinale ha ricordato, hanno dato già un frutto concreto con la pubblicazione del documento “
La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo”. In esso si tratta questo argomento nel contesto della volontà salvifica universale di Dio, dell'universalità della mediazione unica di Cristo, del primato della grazia divina e della sacramentalità della Chiesa. Confido che tale documento possa costituire un punto di riferimento utile per i Pastori della Chiesa e per i teologi, ed anche un aiuto e una sorgente di consolazione per i fedeli che hanno sofferto nelle loro famiglie la morte inattesa di un bambino prima che ricevesse il lavacro della rigenerazione. Le vostre riflessioni potranno essere anche occasione di ulteriori approfondimenti e ricerche sull'argomento. Occorre infatti penetrare sempre più a fondo nella comprensione delle diverse manifestazioni dell'amore di Dio, che ci è stato rivelato in Cristo, verso tutti gli uomini, specialmente verso i più piccoli e i più poveri.
Mi congratulo con voi per i risultati già raggiunti e allo stesso tempo vi incoraggio a proseguire con impegno lo studio degli altri temi proposti per questo quinquennio e sui quali avete già lavorato negli anni passati e in questa Sessione Plenaria. Essi sono, come Lei Signor Cardinale ha ricordato, i fondamenti della legge morale naturale e i principi della teologia e del suo metodo. In occasione dell’
Udienza del 1° dicembre 2005, presentai alcune linee fondamentali del lavoro che il teologo deve svolgere in comunione con la voce viva della Chiesa sotto la guida del Magistero. Vorrei soffermarmi in special modo ora sul tema della legge morale naturale. Come probabilmente è noto, su invito della Congregazione per la Dottrina della Fede si sono tenuti o si stanno organizzando, da parte di diversi centri universitari e associazioni, simposi o giornate di studio al fine di individuare linee e convergenze utili per un approfondimento costruttivo ed efficace della dottrina sulla legge morale naturale. Tale invito ha trovato finora accoglienza positiva e notevole eco. E’ quindi con grande interesse che si attende il contributo della Commissione Teologica Internazionale, mirato soprattutto a giustificare e illustrare i fondamenti di un'etica universale, appartenente al grande patrimonio della sapienza umana, che in qualche modo costituisce una partecipazione della creatura razionale alla legge eterna di Dio. Non si tratta quindi di un tema di tipo esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la dottrina sulla legge morale naturale viene illuminata e sviluppata in pienezza alla luce della Rivelazione cristiana e del compimento dell'uomo nel mistero di Cristo.
Il
Catechismo della Chiesa Cattolica riassume bene il contenuto centrale della dottrina sulla legge naturale, rilevando che essa “indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l'aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell'altro come uguale a se stesso. Nei suoi precetti principali essa è esposta nel Decalogo. Questa legge è chiamata naturale non in rapporto alla natura degli esseri irrazionali, ma perché la ragione che la promulga è propria della natura umana” (n. 1955). Con questa dottrina si raggiungono due finalità essenziali: da una parte, si comprende che il contenuto etico della fede cristiana non costituisce un'imposizione dettata dall’esterno alla coscienza dell'uomo, ma una norma che ha il suo fondamento nella stessa natura umana; dall'altra, partendo dalla legge naturale di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, si pone con essa la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società civile e secolare.
Ma proprio a motivo dell'influsso di fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare oggi si trova in una situazione di smarrimento e di confusione: si è perduta l'evidenza originaria dei fondamenti dell'essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione. Tutto ciò ha enormi e gravi conseguenze nell'ordine civile e sociale. Presso non pochi pensatori sembra oggi dominare una concezione positivista del diritto. Secondo costoro, l'umanità, o la società, o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile. Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell'equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità.
Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, della sua vita, dell'istituzione familiare, dell'equità dell'ordinamento sociale, cioè i diritti fondamentali dell'uomo, nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell'uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile. La legge naturale diventa così la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideologica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte. Nessuno può sottrarsi a questo richiamo. Se per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a cancellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta. Contro questo oscuramento, che è crisi della civiltà umana, prima ancora che cristiana, occorre mobilitare tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse dal Cristianesimo, perché insieme e in modo fattivo si impegnino a creare, nella cultura e nella società civile e politica, le condizioni necessarie per una piena consapevolezza del valore inalienabile della legge morale naturale. Dal rispetto di essa infatti dipende l’avanzamento dei singoli e della società sulla strada dell’autentico progresso in conformità con la retta ragione, che è partecipazione alla Ragione eterna di Dio.
Carissimi, con riconoscenza esprimo a voi tutti apprezzamento per la dedizione che vi contraddistingue e stima per il lavoro svolto e che state svolgendo. Nel porgervi i miei auguri per i vostri futuri impegni, vi imparto con affetto la mia Benedizione.

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