giovedì 20 settembre 2007

FATIMA 1907-FATIMA 2007 (90 ANNI)


IL MIO CUORE IMMACOLATO TRIONFERà


Undecima parte


Fatima e i tre Pastorelli
I Papi e Fatima (2)


Giovanni Paolo II






Giovanni Paolo II più di tutti ha avuto un contatto diretto quasi a pelle con Fatima, riposto qui di seguito i testi magisteriali compiuti durante i Viaggi a Fatima.


VIAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Santuario mariano di Fatima Lunedì, 13 maggio 1991


1. “Ecco la tua Madre” (Gv 19,27)!
La Liturgia mette oggi davanti ai nostri occhi, cari fratelli e sorelle, un vasto orizzonte della storia dell’uomo e del mondo. Le parole del libro della Genesi ci fanno meditare sull’origine dell’universo, l’opera della creazione; dal primo libro andiamo all’ultimo, l’Apocalisse, per contemplare con gli occhi della fede “un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi” (Ap 21, 1). Abbiamo, quindi, il Principio e la Fine; l’Alfa e l’Omega (cf. Ap 21, 6). Ma la fine è un nuovo principio, perché essa costituisce la piena realizzazione di tutto in Dio: “la dimora di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3).
Così, tra il primo principio e questo nuovo e definitivo inizio, scorre la storia dell’uomo creato da Dio “a sua immagine”, come riferisce la Parola del Signore: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27).
2. Al centro di questa storia dell’uomo e del mondo si erge la Croce di Cristo sul Golgota. L’uomo, creato maschio e femmina, ritrova in questa Croce l’esatta profondità del suo stesso mistero, che si manifesta nelle parole dell’Uomo dei dolori a sua Madre, che stava accanto alla Croce: “Donna, ecco il tuo figlio!”. E poi, rivolgendosi al discepolo che amava: “Ecco la tua Madre” (Gv 19, 26-27).
L’uomo, creato a immagine di Dio, è il coronamento di tutta la creazione. Confuso dinanzi alla sua grandezza, il Salmista esclama:
“Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; . . . O Signore, nostro Dio, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8, 6-7.2.5).
Cos’è l’uomo?
La domanda del salmista suona con una meraviglia ancora più profonda dinanzi a questo mistero che trova il suo apice sul Golgota: Cos’è l’uomo, se il Verbo, il Figlio consustanziale al Padre, si è fatto uomo, Figlio dell’Uomo nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo!?
Cos’è l’uomo . . . se proprio il Figlio di Dio, al tempo stesso vero uomo, si è fatto carico dei peccati di tutti gli uomini e li ha portati, come Uomo dei dolori, come Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, sull’altare della Croce!?
Cos’è l’uomo?
Lo stupore del Salmista al cospetto della misteriosa grandezza dell’uomo, così come appare nell’opera della creazione, diventa ancora più grande nella contemplazione dell’opera della Redenzione. Cos’è l’uomo?
3. Dall’inizio, è stato costituito signore della Terra, signore del mondo visibile. Ma la sua grandezza non si manifesta soltanto nel fatto di assoggettare e dominare la Terra (cf. Gen 1, 28). La dimensione stessa della sua grandezza è la gloria di Dio: come scriverà Sant’Ireneo, “la gloria di Dio è l’uomo vivente, ma la vita dell’uomo è la contemplazione di Dio” (S. Irenaei, Adversus haereses, IV,20,7). L’uomo è posto al centro del mondo delle creature visibili e invisibili, tutte ricolme della gloria del Creatore: proclamano la sua gloria.
È così attraverso la storia del cosmo visibile (e invisibile) si innalza, come un Tempio immenso, un abbozzo del Regno eterno di Dio. L’uomo - maschio e femmina - è stato posto dall’inizio al centro di questo Tempio. Lui stesso ne è diventato la dimensione centrale, e vera “dimora di Dio con gli uomini”, poiché, a motivo e per amore dell’uomo, Dio è entrato nel mondo creato.
Carissimi fratelli, “la dimora di Dio con gli uomini” ha raggiunto il suo culmine in Cristo. Egli è “la nuova Gerusalemme” (cf. Ap 21, 2) di tutti gli uomini e i popoli, dato che in Lui tutti sono stati eletti per il destino eterno di Dio. È anche all’inizio del Regno eterno di Dio nella storia dell’uomo, e questo Regno - in Lui e per Lui - è la realtà definitiva del cielo e della terra. È un nuovo cielo e una nuova terra”, in cui “il cielo e la terra di prima” troveranno il loro pieno compimento.
4. Lo testimonia la Croce del Golgota, che è la Croce della nostra Redenzione. Nella Croce è manifesta tutta la storia dell’uomo, che è allo stesso tempo la storia del peccato e della sofferenza. È segnata dalle lacrime e dalla morte, come riferisce il Libro dell’Apocalisse: quante lacrime negli occhi degli uomini, quanto lutto e lamento, quanto affanno (cf. Ap 21, 4). È, alla fine dell’esistenza terrena, la morte. Questa ha costituito appunto la progressiva sparizione “del cielo e della terra di prima”, segnati dall’eredità del peccato.
Non è forse questa la verità di tutta la storia? Tale verità non è confermata - in modo particolare - dal nostro secolo, già prossimo alla fine, insieme al secondo millennio di storia dopo Cristo?
5. La Croce di Cristo non cessa di testimoniarlo! Tra l’altro, soltanto essa - questa Croce di Cristo - rimane, attraverso la storia dell’uomo, come segno della certezza della Redenzione.
Attraverso la Croce di suo Figlio, Dio ripete di generazione in generazione la sua verità sulla creazione: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). Il cielo e la terra di prima continuano a passare . . . Davanti ad essi rimane Cristo indifeso, privato di tutto nel tormento mortale, Figlio dell’Uomo crocifisso! E, nel frattempo, Egli non cessa di essere segno di vittoriosa certezza di vita. Attraverso la sua morte, fu seminato, in seno alla terra, il potere invincibile della vita nuova: la sua morte è principio di risurrezione:
“Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Cor 15, 55).
Attraverso la Croce sul Golgota, scende dal cospetto di Dio, nella storia dell’umanità, nella storia di ogni secolo, “la città santa, la nuova Gerusalemme . . . come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21, 2).
6. Col cuore profondamente commosso e stupito dinanzi al piano creatore e salvifico di Dio per realizzare la pienezza a cui Egli ci ha chiamato, io, pellegrino con voi di questa Nuova Gerusalemme, vi esorto, cari fratelli e sorelle, ad accogliere la grazia e l’appello che in questo luogo si avverte in modo più tangibile e penetrante, allo scopo di adattare i nostri cammini a quelli di Dio. Vi saluto tutti, cari pellegrini di Nostra Signora di Fatima, qui presenti fisicamente o spiritualmente. Ma in modo particolare il mio saluto cordiale e deferente si rivolge al Signor Presidente della Repubblica, in questa terra di Santa Maria; saluto affettuosamente il Signor Vescovo di Leiria-Fatima, Don Alberto - di cui ho molto gradito le parole di benvenuto - e tutti gli altri venerabili fratelli nell’Episcopato qui presenti. Un saluto fraterno, latore di speranza e di incoraggiamento, alla Chiesa di Angola, qui presente nelle persone dei Pastori con un numero significativo di loro diocesani, in pellegrinaggio di gratitudine alla loro Patrona, in quest’Anno Giubilare della loro evangelizzazione, iniziata a Soyo, dove nel XV secolo i portoghesi per la prima volta hanno celebrato la Santa Messa e hanno battezzato i primi nativi di quel territorio.
Infine, mosso dalla Parola di Dio in questa celebrazione eucaristica - “maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27)! - mi è gradito rivolgere alle famiglie il mio saluto propiziatore di tutte le benedizioni di Dio per le vostre case, i vostri figli e la vostra vita in comune. Il vostro dovere fondamentale è quello di realizzare attraverso la storia la benedizione originaria del Creatore - “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1, 28) - trasmettendo l’“immagine divina” con la generazione di nuovi figli.
Care famiglie, il vostro servizio generoso e rispettoso della vita sarà possibile oggi, come lo è sempre stato, se sarete fermi nella contemplazione della dignità umana e soprannaturale dei figli che generate: ogni uomo è l’oggetto dell’amore infinito di Dio che lo ha riscattato. Le famiglie che non vengono meno ai loro doveri riguardo alla procreazione, nell’ambito di un opportuno senso di paternità responsabile e di fiducia nella Provvidenza divina, danno al mondo una insostituibile testimonianza del valore più alto. Rappresentano una sfida alla mentalità anti-natalistica imperante, e una giusta condanna di tale mentalità, che in tal modo nega la vita fino a sacrificarla, in molti casi, già nel seno materno, attraverso l’aborto, crimine esecrando, come dichiara il Concilio (cf.
Gaudium et spes, 27). Vi chiedo quindi, care famiglie, questo servizio generoso e rispettoso della vita. “Contro il pessimismo e l’egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel “Sì”, di quell’“Amen”, che è Cristo stesso. Al “no” che invade ed affligge il mondo, contrappone questo vivente “Sì”, difendendo in tal modo l’uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la vita” (Ioannis Pauli PP. II, Familiaris consortio, 30).
7. “Donna, ecco il tuo figlio!” - “Ecco la tua Madre!”.
Il Santuario di Fatima è un luogo privilegiato, dotato di un valore speciale: ha in sé un messaggio importante per l’epoca che stiamo vivendo. È come se qui, all’inizio del nostro secolo, fossero risuonate, con una nuova eco, le parole pronunciate sul Golgota.
Maria, che era accanto alla Croce di suo Figlio, ha dovuto accettare ancora una volta la volontà di Cristo, Figlio di Dio. Ma mentre sul Golgota il Figlio le indicava soltanto un uomo, Giovanni, il discepolo che amava, qui lei ha dovuto accoglierli tutti. Tutti noi, gli uomini di questo secolo e della sua difficile e drammatica storia.
In questi uomini del XX secolo, si sono manifestate con uguale intensità sia la sua capacità di soggiogare la terra, sia la sua libertà di trasgredire al comandamento di Dio e di negarlo, come eredità del suo peccato. L’eredità del peccato si palesa come una folle aspirazione a costruire il mondo - un mondo creato dall’uomo - “come se Dio non esistesse”. È anche come se non esistesse quella Croce sul Golgota, in cui “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello” (Sequenza pasquale), per dimostrare che l’amore è più potente della morte e che la gloria di Dio è l’uomo vivente.
Madre del Redentore!
Madre del nostro secolo!
Per la seconda volta sono davanti a Te in questo Santuario, per baciare le tue mani, perché sei stata ferma accanto alla Croce di tuo Figlio, che è la croce di tutta la storia dell’uomo anche nel nostro secolo.
Sei restata e continuerai a rimanere, posando il tuo sguardo sui cuori di questi figli e figlie che già appartengono al terzo millennio. Sei rimasta e continuerai a restare, vegliando, con mille attenzioni di madre, e difendendo, con la tua potente intercessione, l’albeggiare della Luce di Cristo in seno ai popoli e alle nazioni.
Tu sei e resterai, perché il Figlio Unigenito di Dio, tuo Figlio, ti ha affidato tutti gli uomini, quando nel morire sulla Croce ci ha introdotti nel nuovo principio di tutto ciò che esiste. La tua maternità universale, o Vergine Maria, è l’àncora sicura di salvezza dell’umanità intera.
Madre del Redentore!
Piena di Grazia!
Io ti saluto, Madre della fiducia di tutte le generazioni umane!

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II A FÁTIMA (12-13 MAGGIO 2000)
OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
BEATIFICAZIONE DEI VENERABILI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA, AL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DEL ROSARIO DI FÁTIMA
Sabato, 13 Maggio 2000


1. "Ti benedico, o Padre, (...) perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25).
Con queste parole, cari fratelli e sorelle, Gesù loda il Padre celeste per i suoi disegni; Egli sa che nessuno può venire a Lui se non lo attira il Padre (cfr Gv 6, 44), perciò loda questo suo disegno e vi aderisce filialmente: "Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te" (Mt 11, 26). Ti è piaciuto di aprire il Regno ai piccoli.
Secondo il disegno divino, è venuta dal Cielo su questa terra, alla ricerca dei piccoli privilegiati dal Padre, "una Donna vestita di sole" (Ap. 12,1). Essa parla loro con voce e cuore di mamma: li invita ad offrirsi come vittime di riparazione, dicendosi pronta a condurli, sicuri, fino a Dio. Ed ecco, essi vedono uscire dalle sue mani materne una luce che penetra nel loro intimo, così che si sentono immersi in Dio come quando una persona – essi stessi spiegano - si contempla allo specchio.
Più tardi Francesco, uno dei tre privilegiati, osservava: "Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio e non ci bruciavamo. Com’è Dio! Non si può dire. Questo sì, che noi non lo potremo mai dire". Dio: una luce che arde, però non brucia. Fu la medesima percezione che ebbe Mosè, quando vide Dio nel roveto ardente; in quell'occasione Dio gli parlò, dicendosi preoccupato per la schiavitù del suo popolo e deciso a liberarlo per mezzo di lui: "Io sarò con te" (cfr Es 3, 2-12). Quanti accolgono questa presenza diventano dimora e, conseguentemente, "roveto ardente" dell'Altissimo.
2. Ciò che più meravigliava il beato Francesco e lo compenetrava era Dio in quella luce immensa che li aveva raggiunti tutti e tre nel loro intimo. Soltanto a lui, però, Dio si fece conoscere "tanto triste", come egli diceva. Una notte, suo padre lo sentì singhiozzare e gli domandò perché piangesse; il figlio rispose: "Pensavo a Gesù che è tanto triste a causa dei peccati che si fanno contro di Lui". Un unico desiderio - così espressivo del modo di pensare dei bambini - muove ormai Francesco ed è quello di "consolare e far contento Gesù".
Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe dire radicale; una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, con una preghiera così assidua e fervente da raggiungere una vera forma di unione mistica col Signore. Proprio questo lo spinge ad una crescente purificazione dello spirito, mediante tante rinunce a quello che gli piace e persino ai giochi innocenti dei bambini.
Francesco sopportò le grandi sofferenze causate dalla malattia, della quale poi morì, senza alcun lamento. Tutto gli sembrava poco per consolare Gesù; morì con il sorriso sulle labbra. Grande era, nel piccolo, il desiderio di riparare per le offese dei peccatori, offrendo a tale scopo lo sforzo di essere buono; i sacrifici, la preghiera. Anche Giacinta, la sorella più giovane di lui di quasi due anni, viveva animata dai medesimi sentimenti.
3. "Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago" (Ap 12, 3).
Queste parole che abbiamo ascoltate nella prima lettura della Messa ci portano a pensare alla grande lotta tra il bene e il male, nonché a costatare come l'uomo, mettendo Dio da parte, non possa raggiungere la felicità, anzi finisca per distruggere se stesso.
Quante vittime nel corso dell'ultimo secolo del secondo millennio! Il pensiero va agli orrori delle due "grandi guerre" e quelli delle altre guerre in tante parti del mondo, ai campi di concentramento e di sterminio, ai gulag, alle pulizie etniche e alle persecuzioni, al terrorismo, ai rapimenti di persone, alla droga, agli attentati contro la vita non nata e la famiglia.
Il messaggio di Fatima è un richiamo alla conversione, facendo appello all'umanità affinché non stia al gioco del "drago", il quale con la "coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra" (Ap 12, 4). L'ultima meta dell'uomo è il Cielo, sua vera casa dove il Padre celeste, nel suo amore misericordioso, é in attesa di tutti.
Dio vuole che nessuno si perda; per questo, duemila anni fa, ha inviato sulla terra il suo Figlio a "cercare e salvare quel che era perduto" (Lc 19, 10). Egli ci ha salvati con la sua morte sulla croce. Nessuno renda vana quella Croce! Gesù è morto e risorto per essere "il primogenito di molti fratelli" (Rom 8, 29).
Nella sua sollecitudine materna, la Santissima Vergine è venuta qui, a Fatima, per chiedere agli uomini di "non offendere più Dio, Nostro Signore, che è già molto offeso". È il dolore di mamma che l'obbliga a parlare; è in palio la sorte dei suoi figli. Per questo Ella chiede ai pastorelli: "Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori; tante anime finiscono nell'inferno perché non c'è chi preghi e si sacrifichi per loro".
4. La piccola Giacinta ha condiviso e vissuto quest'afflizione della Madonna, offrendosi eroicamente come vittima per i peccatori. Un giorno, quando essa e Francesco avevano ormai contratto la malattia che li costringeva al letto, la Vergine Maria venne a visitarli in casa, come racconta Giacinta: "La Madonna è venuta a vederci e ha detto che molto presto verrà a prendere Francesco per portarlo in Cielo. A me ha chiesto se volevo ancora convertire più peccatori. Le ho detto di sì". E, quando si avvicina il momento della dipartita di Francesco, la piccola gli raccomanda: "Da parte mia porta tanti saluti a Nostro Signore e alla Madonna e dì loro che sono disposta a sopportare tutto quanto vorranno per convertire i peccatori". Giacinta era rimasta così colpita dalla visione dell'inferno, avvenuta nell'apparizione di luglio, che tutte le mortificazioni e penitenze le sembravano poca cosa per salvare i peccatori.
Giacinta potrebbe benissimo esclamare con San Paolo: "Mi rallegro di soffrire per voi, completando in me stessa quello che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa" (Col 1, 24).
Domenica scorsa, presso il Colosseo a Roma, abbiamo fatto memoria i moltissimi testimoni della fede del secolo XX, ricordando, attraverso le incisive testimonianze lasciateci, le tribolazioni che hanno patito. Una nube innumerevole di coraggiosi testimoni della fede ci ha lasciato un preziosa eredità, che dovrà restare viva nel terzo millennio. Qui a Fatima, dove sono stati preannunciati questi tempi di tribolazione e la Madonna ha chiesto preghiera e penitenza per abbreviarli, voglio oggi render grazie al Cielo per la forza della testimonianza che si è manifestata in tutte quelle vite. E desidero una volta di più celebrare la bontà del Signore verso di me, quando, duramente colpito in quel 13 maggio 1981, fui salvato dalla morte. Esprimo la mia riconoscenza anche alla beata Giacinta per i sacrifici e le preghiere fatte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire.
5. "Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli". La lode di Gesù prende oggi la solenne forma della beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta. La Chiesa vuole, con questo rito, mettere sul lucerniere queste due fiammelle che Dio ha acceso per illuminare l'umanità nelle sue ore buie e inquiete. Risplendano dunque queste luci sul cammino di questa moltitudine immensa di pellegrini e di quanti altri ci accompagnano tramite la radio e la televisione. Siano Francesco e Giacinta una luce amica che illumina il Portogallo intero e, in modo speciale, questa diocesi di Leiria-Fátima.
Ringrazio Monsignore Serafim, Vescovo di questa illustre Chiesa particolare, per le sue parole di benvenuto e con grande gioia saluto tutto l'Episcopato portoghese e le rispettive comunità ecclesiali che amo di cuore ed esorto ad imitare i loro Santi. Un fraterno saluto ai Cardinali e Vescovi presenti, con menzione particolare per i Pastori delle Comunità dei Paesi di lingua portoghese: la Vergine Maria ottenga la riconciliazione al popolo angolano; porti conforto agli alluvionati del Mozambico; vegli sui passi di Timor Lorosae, della Guinea Bissau, di Capo Verde, di São Tomé e Príncipe; e custodisca nell'unità della fede i suoi figli e figlie del Brasile.
Il mio deferente saluto va al Signor Primo Ministro e alle Autorità che hanno voluto partecipare a questa Celebrazione. Profitto dell'occasione per esprimere, nella persona del Capo del Governo, la mia riconoscenza a tutti per la collaborazione con cui hanno reso possibile questo mio pellegrinaggio. Un abbraccio cordiale ed una particolare benedizione alla parrocchia e alla città di Fatima, le quali oggi si rallegrano per i loro figli elevati agli onori degli altari.
6. La mia ultima parola è per i bambini: Cari bambini e bambine, vedo tanti di voi con addosso vestiti simili a quelli usati da Francesco e Giacinta. Vi stanno molto bene! Il guaio è che, questa sera o forse domani, toglierete questi abiti e... i pastorelli spariranno. Non vi pare che non dovrebbero scomparire?! La Madonna ha bisogno di tutti voi per consolare Gesù, triste per i torti che gli si fanno; ha bisogno delle vostre preghiere e dei vostri sacrifici per i peccatori.
Chiedete ai vostri genitori ed ai vostri maestri di inscrivervi alla "scuola" della Madonna, affinché vi insegni a diventare come i pastorelli, i quali cercavano di far quanto Ella chiedeva loro. Vi dico che "si progredisce più in poco tempo di sottomissione e dipendenza da Maria che durante anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi" (San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, n. 155). E’ stato così che i pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire i consigli tanto belli e saggi che la piccola dava, le domandò chi era stato ad insegnarglieli. "È stata la Madonna" - rispose. Lasciandosi guidare, con totale generosità, da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione.
7. "Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli".
Ti benedico, o Padre, per tutti i tuoi piccoli, a cominciare dalla Vergine Maria, l'umile tua Serva, e fino ai pastorelli Francesco e Giacinta.
Il messaggio delle loro vite resti sempre vivo ad illuminare il cammino dell'umanità!

© Copyright 2000 - Libreria Editrice Vaticana

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