sabato 22 settembre 2007

Liturgia della Domenica...XXV Domenica del T.O

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno C

PROPRIO DELLA S. MESSA
tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum
e traduzione italiana delle letture secondo
la traduzione proposta dalle CEI

Domenica 23 Settembre 2007
XVII Domenica dopo Pentecoste

INTRÓITUS
Ps.118, 137 et 124 - Iustus est,
Dómine, et rectum iudícium tuum;
fac cum servo tuo secúndum
misericórdiam tuam.
Ps. 118, 1 - Beáti immaculáti in
via: qui ámbulant in lege Dómini.
Glória Patri…
Ps.118, 137 et 124 - Iustus est,
Dómine,…

ORÁTIO
Da, quaésumus, Dómine, pópulo
tuo diabólica vitáre contágia: et te
solum Deum pura mente sectári.
Per Dóminum nostrum Iesum
Christum, Fílium tuum, qui tecum
vívit et regnat in unitáte Spíritus
Sancti, Deus, per ómnia saécula
saeculórum.
M. - Amen.

EPISTOLA
Léctio Epístolae B. Pauli Ap. ad Ephésios, 4, 1-6
Fratelli: vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. Egli che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
M. - Deo grátias.

GRADUALE
Ps. 32, 12 et 6 - Beáta gens, cuius
est Dóminus Deus eórum:
pópulus, quem elégit Dóminus in
haereditátem sibi.
Verbo Dómini coeli firmáti sunt: et
spíritu oris eius omnis virtus eórum.

ALLELÚIA
Allelúia, allelúia.
Ps. 101, 2 - Dómine, exáudi
oratiónem meam, et clámor meus
ad te pervéniat. Allelúia.

EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum, 22, 34-46

In quel tempo: i Farisei, udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?". Gli rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti". Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro:"Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?". Gli risposero: "Di Davide". Ed egli a loro: "Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?". Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo.
M. - Laus tibi Christe.

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM
Dan. 9, 17, 18 et 19 - Orávi Deum
meum ego Dániel, dícens: Exáudi,
Dómine, preces servi tui: illúmina
fáciem tuam super sanctuárium tuum:
et propítius inténde pópulum istum,
super quem invocátum est nomen
tuum, Deus.

SECRÉTA
Maiestátem tuam, Dómine,
supplíciter deprecámur: ut haec
sancta, quae gérimus, et a praetéritis
nos delíctis éxuant et futúris. Per
Dóminum nostrum Iesum Christum,
Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat
in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per
ómnia saécula saeculórum.
M. - Amen.

PREFAZIO DELLA SS. TRINITÀ

COMMÚNIO
Ps. 75, 12-13 - Vovéte, et réddite
Dómino Deo vestro omnes, qui in
circúitu eius affértis múnera:
terríbili, et ei qui áufert spíritum
príncipum: terríbili apud omnes
reges terrae.

POSTCOMMÚNIO
Sanctificatiónibus tuis, omnípotens
Deus, et vítia nostra curéntur, et
remédia nobis aetérna provéniant.
Per Dóminum nostrum Iesum
Christum, Fílium tuum, qui tecum
vívit et regnat in unitáte Spíritus
Sancti, Deus, per ómnia saécula
saeculórum.
M. Amen.
..............
PRIMA LETTURA:Am 8, 4-7
Sal 112
SECONDA LETTURA 1 Tm 2, 1-8
Vangelo Lc 16, 1-13
Non potete servire a Dio e a mammona.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. [ Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
I cristiani deboli

Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo(Disc. 46, 13; CCL 41, 539-540)
Dice il Signore: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme» (Ez 34, 4).Parla ai cattivi pastori, ai falsi pastori, ai pastori che cercano i loro interessi, non quelli di Gesù Cristo, che sono molto solleciti dei proventi del loro ufficio, ma che non hanno affatto cura del gregge, e non rinfrancano chi è malato.Poiché si parla di malati e di infermi, anche se sembra trattarsi della stessa cosa, una differenza si potrebbe ammettere. Infatti, a considerare bene le parole in se stesse, malato è propriamente chi è già tocco dal male, mentre infermo è colui che non è fermo e quindi solo debole.Per chi è debole bisogna temere che la tentazione lo assalga e lo abbatta, Il malato invece è già affetto da qualche passione, e questa gli impedisce di entrare nella via di Dio, di sottomettersi al giogo di Cristo.Alcuni uomini, che vogliono vivere bene e hanno fatto già il proposito di vivere virtuosamente, hanno minore capacità di sopportare il male, che disponibilità a fare il bene. Ora invece è proprio della virtù cristiana non solo operare il bene, ma anche saper sopportare i mali. Coloro dunque che sembrano fervorosi nel fare il bene, ma non vogliono o non sanno sopportare le sofferenze che incalzano, sono infermi ossia deboli. Ma chi ama il mondo per qualche insana voglia e si distoglie anche dalla stesse opere buone, è già vinto dal male ed è malato. La malattia lo rende come privo di forze e incapace di fare qualcosa di buono. Tale era nell'anima quel paralitico che non poté essere introdotto davanti al Signore. Allora coloro che lo trasportavano scoprirono il tetto e di lì lo calarono giù. Anche tu devi comportarti come se volessi fare la stessa cosa nel mondo interiore dell'uomo: scoperchiare il suo tetto e deporre davanti al Signore l'anima stessa paralitica, fiaccata in tutte le membra ed incapace di fare opere buone, oppressa dai suoi peccati e sofferente per la malattia della sua cupidigia.Il medico c'è , è nascosto e sta dentro il cuore. Questo è il vero senso occhio della Scrittura da spiegare.Se dunque ti trovi davanti a un malato rattrappito nelle membra e colpito da paralisi interiore, per farlo giungere al medico, apri il tetto e fa' calar giù il paralitico, cioè fallo entrare in se stesso e svelagli ciò che sta nascosto nelle pieghe del suo cuore. Mostragli il suo male e il medico che deve curarlo. A chi trascura di fare ciò, avete udito quale rimprovero viene rivolto? Questo: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite» (Ez 34, 4). Il ferito di cui si parla qui è come abbiamo già detto, colui che si trova come terrorizzato dalle tentazioni. La medicina da offrire in tal caso è contenuta in queste consolanti parole: «Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione ci darà anche la vita d'uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10, 13).

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