giovedì 13 settembre 2007

In hoc signo vinces (6)

I GIOVANI E LA CROCE
La Croce, segno di contraddizione e di vita, è stato al centro dell'omelia del papa, tenuta dopo il drammatico racconto della Passione secondo l'evangelista Marco: "C'è stato un periodo, ha detto Benedetto XVI, - e non è ancora del tutto superato – in cui si rifiutava il cristianesimo proprio a causa della Croce. La Croce parla di sacrificio, si diceva, la Croce è segno di negazione della vita. Noi invece vogliamo la vita intera senza restrizioni e senza rinunce. Vogliamo vivere, nient'altro che vivere. Non ci lasciamo limitare da precetti e divieti; noi vogliamo ricchezza e pienezza – così si diceva e si dice ancora. Tutto ciò suona convincente e seducente; è il linguaggio del serpente che ci dice: "Non lasciatevi impaurire! Mangiate tranquillamente di tutti gli alberi del giardino!" La Domenica delle Palme, però, ci dice che il vero grande "Sì" è proprio la Croce, che proprio la Croce è il vero albero della vita. Non troviamo la vita impadronendoci di essa, ma donandola. L'amore è un donare se stessi, e per questo è la via della vita vera simboleggiata dalla Croce".La Croce, è "la strada", la "via" su cui Gesù vuole condurci, una via regale che fa a pugni con la mentalità del mondo. Meditando sull'episodio dell'entrata di Gesù a Gerusalemme, cavalcando un asino, Benedetto XVI ha sottolineato: "Gesù entra nella Città Santa cavalcando un asino, l'animale cioè della semplice gente comune della campagna, e per di più un asino che non gli appartiene, ma che Egli, per questa occasione, chiede in prestito. Non arriva in una sfarzosa carrozza regale, non a cavallo come i grandi del mondo, ma su un asino preso in prestito".Egli diviene così il compimento della promessa fatta dai profeti di Israele, come "re dei poveri", "re di pace", re "dell'universalità". Anche questi termini sono in contraddizione con la mentalità piena di ovvietà della mentalità comune.La povertà di Gesù è quella degli anawim, degli umili, non la semplice povertà economica. "Uno può essere materialmente povero, ma avere il cuore pieno di bramosia della ricchezza e del potere che deriva dalla ricchezza. Proprio il fatto che vive nell'invidia e nella cupidigia dimostra che egli, nel suo cuore, appartiene ai ricchi. Desidera di rovesciare la ripartizione dei beni, ma per arrivare ad essere lui stesso nella situazione dei ricchi di prima. La povertà nel senso di Gesù – nel senso dei profeti – presuppone soprattutto la libertà interiore dall'avidità di possesso e dalla smania di potere. Si tratta di una realtà più grande di una semplice ripartizione diversa dei beni, che resterebbe però nel campo materiale, rendendo anzi i cuori più duri. Si tratta innanzitutto della purificazione del cuore, grazie alla quale si riconosce il possesso come responsabilità, come compito verso gli altri, mettendosi sotto gli occhi di Dio e lasciandosi guidare da Cristo che, essendo ricco, si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8,9). La libertà interiore è il presupposto per il superamento della corruzione e dell'avidità che ormai devastano il mondo; tale libertà può essere trovata soltanto se Dio diventa la nostra ricchezza; può essere trovata soltanto nella pazienza delle rinunce quotidiane, nelle quali essa si sviluppa come libertà vera".Il re "della pace", che caccerà i carri e i cavalli per le battaglie, spezzerà l'arco di guerra (cfr. Zaccaria 9, 9-10), "nella figura di Gesù.. si concretizza mediante il segno della Croce. Essa è l'arco spezzato, in certo qual modo il nuovo, vero arcobaleno di Dio, che congiunge il cielo e la terra e getta un ponte sugli abissi tra i continenti. La nuova arma, che Gesù ci dà nelle mani, è la Croce – segno di riconciliazione, segno dell'amore che è più forte della morte. Ogni volta che ci facciamo il segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all'ingiustizia un'altra ingiustizia, alla violenza un'altra violenza; ricordarci che possiamo vincere il male soltanto con il bene e mai rendendo male per male".E infine il regno "dell'universalità" annuncia che il regno di Cristo si estende "da mare a mare, fino agli estremi confini della terra". "Lo spazio del re messianico – ha detto il papa - non è più un determinato paese che poi si separerebbe dagli altri e quindi inevitabilmente prenderebbe posizione contro altri paesi. Il suo paese è la terra, il mondo intero. Superando ogni delimitazione Egli, nella molteplicità delle culture, crea unità. Penetrando con lo sguardo le nubi della storia, vediamo qui emergere da lontano nella profezia la rete delle comunità eucaristiche che abbraccia tutto il mondo – una rete di comunità che costituiscono il "Regno della pace" di Gesù da mare a mare fino ai confini della terra. In tutte le culture e in tutte le parti del mondo, ovunque nelle misere capanne e nelle povere campagne, come anche nello splendore delle cattedrali, Egli viene. Dappertutto Egli è lo stesso, l'Unico, e così tutti gli oranti radunati, nella comunione con Lui, sono anche tra di loro uniti insieme in un unico corpo. Cristo domina facendosi Egli stesso il nostro pane e donandosi a noi. È in questo modo che Egli costruisce il suo Regno".

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